Vacanze lavorative in aumento, quel 40% che non stacca mai

C’è chi lo fa costretto e chi perché teme di perdere il posto. La difficoltà a «disconettersi» favorita dalle nuove tecnologie
Una persona al lavoro al mare - © www.giornaledibrescia.it
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Con l’estate e le vacanze ormai alle spalle, è tempo di bilanci (anche nel mondo del lavoro). Perché il 2024 potrebbe aver rappresentato un vero e proprio spartiacque nei rapporti di lavoro in Italia.

Secondo una ricerca internazionale di Movchan Agency, infatti, le cosiddette vacanze lavorative sono sempre più in aumento. La precarietà non c’entra e neanche chi fa la libera professione: il trend workation (che unisce le parole inglesi work e vacation) è sempre più evidente e perfino sciupa-famiglie. In sostanza anche chi ha le ferie retribuite e svolge lavori come dipendente, in vacanza lavora durante la villeggiatura, anche minando i rapporti con il partner e la famiglia.

Secondo lo studio il 39% ammette di lavorare a volte mentre è in vacanza, mentre il 15% afferma di farlo frequentemente. Circa il 34% delle persone lavora in vacanza perché ama il proprio lavoro. Tuttavia - ed è l’aspetto più preoccupante - il 26% lo fa perché il responsabile lo esige e il 29% teme di perdere il lavoro. Quando sono assenti, il 33% delle persone riceve regolarmente messaggi di testo dai colleghi che interrompono il loro relax, mentre il 29% riceve e-mail e il 7% è infastidito dai messaggi sui social media.

Circa il 28% ammette perfino di aver litigato con il proprio partner a causa del lavoro in vacanza, mentre il 70% ha avuto problemi di salute mentale come burnout e depressione. Allo stesso modo, due terzi hanno avuto problemi di salute fisica come mal di testa e dolore cronico. Insomma, se una volta erano i manager ed i liberi professionisti a pensare al lavoro sempre, ora lo sono tutti.

E fondamentale appare il ruolo della tecnologia, che mina il riposo e invita a controllare la posta, dare una sbirciatina a circolari e note, rispondere alle e-mail e ai messaggi, programmare in anticipo compiti e fare avanzare progetti. Siamo perciò di fronte ad un cambio di scenario con il modello di lavoro cronico sempre più popolare con la diffusione del telelavoro e delle tecnologie digitali che permettono di essere sempre connessi e da qualsiasi luogo.

La difficoltà a disconnettersi alla professione riguarda anche gli italiani: il 65% degli over 45enni e del 47% di chi ha tra i 21 e i 25 anni. Gli insegnanti (il 73% dichiara di non disconnettersi mai completamente dal lavoro) superano gli avvocati (il 71%) in quanto a restare sempre coinvolti con gli impegni lavorativi. È la cultura del sempre attivo, che funesta il mondo negli ultimi anni.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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