Una rivoluzione sostenibile è possibile con la rete delle Camere di Commercio
Brescia deve guardare più lontano, allargando i confini e spingendo l’acceleratore su formazione e tecnologia. Se, infatti, le opportunità offerte dalla rivoluzione legata alla sostenibilità pongono il nostro territorio in una posizione di leadership a livello mondiale, complice l’appeal del made in Brescia e più in generale del made in Italy nel mondo, molto lavoro resta ancora da fare: in una logica di rete europea come di diversificazione di mercato e di prodotto.
Il quadro emerge con chiarezza durante il convegno «Sostenibilità è competitività - Per un nuovo posizionamento delle imprese italiane nel mondo» organizzato nell’Auditorium della Camera di Commercio di Brescia nell’ambito della 33° Convention Mondiale delle Camere di Commercio italiane all’estero, iniziativa organizzata dall’istituto di via Einaudi in collaborazione con ProBrixia e Assocamerestero, l’associazione delle Camere di Commercio Italiane all’Estero (Ccie) e di Unioncamere.
Il convegno
Dopo i saluti istituzionali - che per voce del presidente Roberto Saccone rimarcano il ruolo «di stimolo e accompagnamento» svolto dal sistema camerale «per le sfide complesse che le aziende affrontano e affronteranno in futuro» - è il professor Claudio Teodori dell’Università degli Studi di Brescia ad insinuare il «germe» del cambio di sguardo, evidenziando come ragionare in un’ottica di interscambio su base spiccatamente europea, per Brescia, sia oggi limitante.
Il nodo formazione
Non solo perché oltre il 76% delle esportazioni e l’80% delle importazioni già riguardano l’Ue, con un forte legame di dipendenza dalla stessa (il «problema» della Germania ne è una prova), ma anche perché così vengono coinvolti solo marginalmente Stati più lontani, ma caratterizzati da indici di investimento e opportunità di esportazione molto interessanti (ad esempio gli Emirati Arabi, in cui Brescia esporta solo lo 0,6%, ma anche dell’Arabia Saudita, allo 0,7%, e del Messico, allo 0,9%), in particolare per un territorio vocato all’export di macchinari, apparecchiature e prodotti della metallurgia.
Per compiere il salto in avanti, però, il professor Teodori avverte: bisogna spingere sulla formazione universitaria, perché per crescere sul fronte tecnologico bisogna avere professionalità elevate, e in Italia siamo fermi al 25% contro la media europea del 40%. L’appeal del made in Italy, ed in particolare del made in Brescia, sui mercato mondiali è ribadito con forza anche nella tavola rotonda dedicata alla «Sostenibilità come strumento di competitività», in cui i delegati della Ccie sono intervenuti parlando delle esperienze di Europa, Asia-Oceania, America Latina e Nafta.
Oltre i confini
Se infatti Alessandro Marino, delegato per la Germania e l’intera Ue, invita a una «collaborazione per andare oltre confini europei», Valentino Rizzioli, delegato in Brasile, indugia sulla vocazione dell’America Latina all’uso di energie rinnovabili (il 40% viene da fonti alternative) e precisa «c’è molto spazio per le aziende italiane che producono tecnologie per questo settore, anche per le piccole e medie imprese», e il delegato in Vietnam si sofferma sugli sforzi compiuti dall’Asia sul fronte della decarbonizzazione, della gestione dei rifiuti e delle acque, affermando che «ci sono grandi possibilità in Asia per le nostre aziende, perché il made in Italy è molto apprezzato e la trasformazione in atto è spinta».
Persino Brando Ballerini di stanza in Texas, Paese che fa pensare in primis alle trivelle ed ai pozzi, dice: «In Texas come in America la sostenibilità è essenzialmente economica: se anche l’eolico oggi copre il 60% delle energie rinnovabili, non dimentichiamo che le pale sono fatte in carbonio. Non penso che i fossili scompariranno, ma per la manifattura e la tecnologia italiana lo spazio c’è, sebbene sia necessario andare in loco». Sul palco anche il premio Nobel per l’economia 2003 Robert Engle con un intervento sull’impatto del rischio climatico sui mercati globali.
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