Tutto in linea e tutto on line: l’acciaieria si fa bella
Tanta Lovere e un po’ di Castro. La fabbrica che si distende sul lago. Sta in via Paglia 45, ma comincia molto prima e va a finire nel paesino offuscato dalla fama dalla capitale dell’alto lago. Alla Lucchini RS di Lovere, appunto. Un sito che oggi sarebbe inimmaginabile realizzare, per ubicazione e per ampiezza (140 mila mq coperti e almeno altrettanti scoperti). Ma 150 anni fa si poteva per avere l’energia e il carbone che stavano alle spalle e il lago che sta davanti per i trasporti.
«Onde d’acciaio» è il perfetto titolo del libro di Camillo Facchini che racconta la storia dell’azienda nata sul lago e che fronte-lago fa magazzino delle ruote. Curve che si confondono con l’incresparsi dell’onde... Fine della poesia. Alla Lucchini RS ci lavorano in 1300. Un caposaldo del lavoro. Dentro questa fabbrica di ruote (e altro) per treni, che è un po’ siderurgica e un po’ meccanica, per capire quel che si sta facendo in chiave 4.0, come si possa coniugare un processo produttivo ultramillenario da età del Ferro, alla sensoristica quasi evanescente dei nostri giorni.
Ma c’è un tema - una suggestione - che in qualche modo è simbolo di quel che la grande fabbrica sta attraversando, del doppio binario (oplà) sul quale corrono gli investimenti: da una parte tutto deve andare on line e, dall’altra, tutto deve andare in linea. Il digitale da una parte e la razionalizzazione degli impianti dall’altra: tutti in linea perchè così si guadagna tempo e l’automazione è più facile. La suggestione finisce qui: il resto sono montagne di investimenti.
In realtà, più che di un doppio binario, di una monorotaia trattasi. Tutto è finalizzato allo sviluppo e a fronteggiare competitor colossali. «Siamo 4.0 da qualche anno, ormai», dice il presidente Giuseppe Lucchini. «Non avevamo e non abbiamo alternative: senza saremmo perdenti, esclusi dal mercato. Siamo condannati a creare qualcosa con più valore aggiunto. Abbiamo un catalogo di ruote e assili che pochi hanno. Serviamo clienti anche con piccoli lotti. In questo siamo bravi. Ma per far questo serve digitalizzare, serve avere un livello di informatizzazione e di connessione fra impianti ai massimi livelli».
Con Augusto Mensi, amministratore delegato, e Stefano Cantini, direttore della divisione ferroviaria del gruppo, si va sotto i capannoni. È la meraviglia che ti prende quando ritrovi il senso e la dimensione della grande fabbrica. Fuoco, ferro, acqua uomini ed energia. Si parte dalla fusione di billettoni da mezzo metro di diametro. Passano nelle tagliatrici che ne ricavano dei tronconi, sorta di panettoni alti 60-70 centimetri. Li si mette in forno: un forno rotante diametro 35 metri, ce ne stanno un 250. E qui si fa il trattamento termico. Il segreto è nella cottura. I panettoni girano lentamente in forno e qui vengono cotti, semiraffreddati, ricotti. I tempi e le temperature fanno la differenza. È come il segreto della cocacola. Segreto, appunto.
Fuori dal forno si va sull’impianto di laminazione. La foto qui sopra dà un’idea di quel che capita. Da un panettone bisogna ricavare la ruota, darle forma, forarla, marcarla, controllarla dimensionalmente col laser. E poi raffreddarla. Sembra facile. Ma dal forno a qui son serviti 100 milioni di investimenti.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato