Economia

Tre amici al bar si sono inventati Leonardo

L'azienda è leader nelle macchine per testare prodotti meccanici. Ai fondatori la lampadina s'è accesa in un momento no
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Diciamocelo: serviva una qualche sfrontatezza per decidere di chiamare Leonardo un’azienda. Ma avevano ragione loro: è sempre bene - come ripeteva il Grande - avere fiducia nell’uomo, nella sua capacità, nella sua testardaggine. E - diciamocelo sempre fra di noi - serve un’egual sfrontatezza per decidere di chiamare Galileo un’altra azienda, questa nata più di recente. Ma, anche qui, c’è una qualche ragione di supporto: facendo macchine per testare prodotti, e quindi per andare a vedere il cosiddetto pelo nell’uovo, «per verificare, verificare e poi ancora verificare» - come ricordava lo Scienziato - anche qui, si diceva, una qualche buona ragione c’è.
 
Leonardo e Galileo da Maclodio sono due aziende sorelle: 50 dipendenti insieme, 10 milioni di fatturato, crescita costante del 10% all’incirca da un po’ di anni. Qui si producono macchine per testare prodotti, in particolare dell’automotive: parti di motori per auto e moto o per ruote grandi e piccole. Si lavora per Ferrari, Brembo, Ducati, Porsche, Bmw e altri. Tanti marchi, tanti prodotti e - quindi - tante macchine diverse.
 
«Tecnologia sartoriale». Adesso la sede è a dir poco sciccosa e i reparti hanno la pulizia di una clinica, i dipendenti sono tanti, il fatturato per metà va all’export. È il risultato di una sfida nata vent’anni fa. Daniel Spezzaballi, Emanuele Petrogalli e Fausto Franzoni al tempo avevano - ovviamente - vent’anni di meno. Lavoravano alla Ebas di Torbole Casaglia che chiuse per vicende varie. Si ritrovarono al bar, senza lavoro. Erano tecnici, colleghi, un po’ amici. Il più giovane aveva 26 anni, gli altri due poco più. Cominciarono in un garage di 40 metri quadri a Roncadelle: prima a fornire assistenza ai clienti dell’ormai ex Ebas; poi - mese dopo mese - verificarono che qualcuno chiedeva macchine.
 
La robotica industriale era poco più che agli inizi, si affacciava il problema delle certificazioni di qualità per i fornitori dei grandi gruppi. La lampadina si era accesa. Avanti. Macchina dopo macchina sono arrivati a Maclodio. Adesso fanno 60-70 macchine l’anno: Brasile, Messico, Cina e India i mercati esteri principali, ma stanno scoprendo Thailandia e soprattutto Malesia e Indonesia. E le prospettive sono buone.
 
Senza enfasi ma con sobrio orgoglio, Daniel Spezzaballi & Soci immaginano qualche nuova assunzione (giovani soprattutto, qui l’età media è di 35 anni), stringono accordi con l’Università, sono entrati nella società di Rete Five Foundry Group e partecipano al progetto per realizzare un’isola robotizzata per fare ruote fondendo direttamente il magnesio. È la conferma che, se investi e innovi, la crisi la puoi bypassare...

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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