Tartufi e castagne bresciani scaldano la stagione invernale
Prelibatezze autunnali. Castagne e tartufi - assieme anche ai funghi - sono protagonisti della stagione sia dal punto di vista produttivo come gastronomico. Secondo un’indagine Coldiretti/Ixè diffusa recentemente circa sette italiani su dieci al termine della stagione autunnale avranno visitato almeno una delle centinaia di fiere enogastronomiche diffuse lungo lo stivale.
Il prodotto più gettonato è senza dubbio il tartufo, la cui stagione è entrata nel vivo con quotazioni che, a seconda della pezzatura e del luogo, vanno dai 2.500 ai 4.500 euro al chilo per quello bianco, dovuti a un avvio della produzione più lento del previsto, soprattutto al Nord. La filiera del tartufo coinvolge in Italia una rete nazionale composta da circa 73.600 detentori e praticanti, chiamati tartufai.
«La stagione 2024 per i tartufi è andata molto bene - commenta Giacomo Manganoni tartuficoltore Coldiretti di Capo di Ponte - e tra venti giorni avrà inizio l’ultima raccolta del “nero pregiato” un tartufo nero top nella gamma. Mi aspetto una raccolta doppia se non tripla rispetto all’anno scorso».
La tartuficoltura è un’attività che richiede molta pazienza e necessita di investimenti molto importanti che possono durare anche cinque/sei anni, ma ricambiano il sacrificio e lo trasformano in grande soddisfazione. «Io ho ereditato questa passione da mio fratello che è chef, - spiega Manganoni - e oggi la mia azienda si sviluppa su tre ettari a Capo di Ponte, con una produzione prevalentemente di tartufi, ma anche lavanda e piante aromatiche. Grazie ai tartufi mi sono impegnato a far conoscere la Valle Camonica anche all’estero attraverso visite alla tartufaia e attività di raccolta con i cani addestrati. Li chiamiamo pacchetti experience».
Nella nostra provincia un punto fermo è l’Associazione tartufai bresciani, testimone accreditato che la ricerca dei tartufi ha origini antichissime. A tale attività, per il fascino che questo fungo sotterraneo ha sempre saputo suscitare si sono dedicate persone di ogni età e ceto sociale. Famiglie che raccoglievano i tartufi erano conosciute in tutte le Valli bresciane, fin dagli inizi del 1400. Un andirivieni di barche con a bordo tartufai e cani era segnalato tra la sponda orientale del lago di Garda e le colline del Garda bresciano già alla fine del 1800. I tartufi raccolti venivano suddivisi in estivi ed invernali, ora sappiamo che la specie invernale più raccolta era il Tuber melanosporum o tartufo nero pregiato.
L’albero del pane
Dal tartufo alle castagne il passo è ravvicinato. Siamo lontani dai fasti produttivi del passato per quello che Giovanni Pascoli chiamava «l’italico albero del pane», simbolo dell’autunno.
Basta ricordare che nel 1911 la produzione di castagne ammontava a 829 milioni di chili mentre oggigiorno la produzione nazionale è intorno ai 45 milioni di chilogrammi. Un raccolto, comunque, che nella nostra provincia viene stimato in crescita del 20% rispetto allo scorso anno anche se inferiore alle attese per effetto della siccità estiva, considerando che sono quasi 500 gli ettari occupati da castagne e marroni. «Ed in effetti – spiega Luca Costa segretario di Zona di Coldiretti – la stagione delle castagne in Valle Camonica è stata decisamente buona con un’ottima raccolta sia per qualità che quantità. Il dato emerge dal monitoraggio effettuato sulla raccolta del frutto simbolo dell’autunno in crescita per volumi ma anche per qualità, arrivando vicino ai valori di dieci anni fa».
Senza dimenticare la Val Trompia dove la raccolta è andata molto bene ed è un’area che vanta circa tremila piante secolari ed una produzione potenziale di 1.500 quintali di marroni. Ed è per questo motivo che continua ad essere riconosciuta come la realtà castanicola di pregio più importante dell’intera Lombardia.
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