Stile Ferrari con tocco bresciano: ecco la nuova Sp38 Deborah
No, non se l’è sognata di notte, anche se in un rapporto lungo due anni e mezzo poteva starci. Però magari gli capitava di svegliarsi al mattino con in testa la soluzione a un problema che da un paio di giorni non riusciva a superare. Oppure, quello sì, di fare le ore piccolissime quando c’era una scadenza da rispettare e una serie di dettagli da mettere a posto.
Insomma, per disegnare una Ferrari non è che ti metti lì un pomeriggio e via. Il designer bresciano Carlo Palazzani ci è riuscito un’altra volta: dopo la 458 Italia, con Pininfarina, e una serie di collaborazioni per altri Ferrari di produzione, in questo caso ha lavorato direttamente nel Centro Stile della casa di Maranello, a cui è approdato nel 2015. Fianco a fianco con il direttore Flavio Manzoni e il responsabile dei progetti speciali Johan Lemercier, ha guidato il team composto tra gli altri da Alvaro Ramos e Pavlidis Christos, che nei giorni scorsi ha sfornato la Ferrari one-off Sp38 Deborah, dove one-off sta per modello unico, realizzato su richiesta di una cliente. Non replicabile, al massimo invidiabile. E rosso, più che rosso, rosso Deborah, per l’esattezza, dal nome dato alla tonalità scelta dagli acquirenti.
Nello scorso fine settimana, il gioiellino ha vinto il premio «Design» nella categoria concept car al Concorso d’Eleganza di Villa d’Este, a Como, tipo Miss Universo, ma coi motori e le ruote e un po’ di blasone in più, dato che viene organizzato dal 1929. È dedicato alle auto d’epoca, ma ha anche una sezione dedicata ai prototipi e alle auto per così dire sperimentali, in fatto di estetica e non solo. In due parole: concept car, per l’appunto.
«Quando disegni una Ferrari c’è un’attenzione forte a ogni dettaglio che ti tiene sotto durante tutta la lavorazione - ci raccontava Palazzani, a margine della premiazione -. Ci sono più incontri settimanali in cui si identifica il concetto da realizzare, poi si disegna, si passa al 3d, poi al modello fisico che successivamente viene di nuovo rivisitato per determinare come proseguire».
Nel caso della Sp38, a tutto ciò si aggiunge anche il confronto con il cliente, che per questo progetto voleva creare un’icona ispirata agli anni Ottanta, con un investimento milionario.
«Da appassionati d’arte, i committenti volevano un’auto che si avvicinasse il più possibile all’oggetto d’arte, in cui il design fosse spinto fino a renderla unica». La ricetta? Prendete una Ferrari 488 «e toglietele completamente la pelle», spiega Palazzani. In questi casi «la sfida è non fare vedere l’auto sottostante». Al modello di base, poi, si aggiungono riferimenti alle storiche vetture del Cavallino rampante. Partendo dalla 288 Gto, «la mia preferita», dice il designer bresciano. Anni Ottanta puri, insomma, «un periodo unico, in cui l’esperienza Ferrari e l’italianità nello stile consentirono di progettare auto con volumi e linee oggi impensabili». L’altro caposaldo è la F40, che ci portò per mano nei primi Novanta, nell’immaginario di noi che talvolta sogniamo quel mondo lì. Ne esce un’identità nuova in cui il muso diventa aggressivo, la fiancata più dinamica con le linee nere e le prese d’aria nascoste nella portiera e una parte posteriore con tagli alla Fontana. Proprio come se fosse un’opera d’arte, da tenere in strada, però, mica al museo.
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