Stangata energia sulle imprese: in un anno costi quadruplicati

Nel 2020 il prezzo medio all’ingrosso dell’energia elettrica era di 38,92 euro per mille chilowattora. Ieri mattina - alla borsa elettrica italiana del Gestore dei Mercati Energetici - quello stesso valore segnava la cifra di 174,58 euro (con una forchetta, tra minimo e massimo, compresa tra 152,71 e 200 euro). La corsa dei prezzi non si ferma da mesi e non ha rallentato nemmeno durante l’estate, seguendo lo stesso copione delle materie prime e mettendo a rischio la ripresa post-Covid. Una dinamica che preoccupa non solo le aziende della sider-metallurgia, ma l’intera manufattura bresciana.
A smuovere per primo le acque è stato il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani che nei giorni scorsi ha lanciato l’allarme di un possibile aumento del 40% delle bollette elettriche dal primo ottobre. Quel giorno, come ogni tre mesi, l’autorità dell’energia Arera aggiornerà le bollette di luce e gas.
«La situazione è molto preoccupante - dichiara Roberto Ariotti, presidente di Assofond, l’associazione che riunisce le fonderie italiane -, il rincaro del prezzo di energia elettrica, si somma a quella delle materie prime che da quasi un anno ha messo in fibrillazione tutti i comparti. Ci attendevamo una virata rispetto ad una tendenza che sta invece diventando cronica, irrefrenabile. Credo dovremo abituarci a questi livelli. È una nuova normalità». Il fenomeno non è solo italiano, ma riguarda l’Europa e, in parte, anche i Paesi extraeuropei. «Le imprese italiane soffrono da sempre del costo elevato dell’energia: siamo allenati a gestire questo problema, i nostri impianti sono più efficienti - spiega Ariotti -. La transizione energetica europea resta obiettivo condiviso, ma avrà un impatto durissimo sulle filiere, in particolare le fonderie».Il nodo resta la competititività del sistema economico. Lo sottolinea il presidente di Confindustria Lombardia, Marco Bonometti: «Gli industriali lombardi concordano con le preoccupazioni espresse dal Ministro Cingolani. Se da un lato il Pnrr ha come obiettivo il rilancio delle imprese, dall’altro i rincari non faranno altro che rallentare di nuovo la competitività dell’industria italiana». Per Bonometti «le imprese chiedono che si agisca subito a livello nazionale per calmierare i prezzi evitando ulteriori freni alla ripresa dell'Italia e a livello europeo affinché gli strumenti per incentivare la decarbonizzazione non inneschino una spirale depressiva».
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Concetti ribaditi da Pierluigi Cordua, presidente di Apindustria Confapi Brescia: «Le nostre imprese operano sulla scena internazionale e si confrontano quotidianamente con i competitor globali. Auspichiamo il Governo intervenga per calmierare i prezzi». Anche per Renato Mazzoncini, Ceo di A2A: «Il prezzo è molto volatile. In questi giorni abbiamo assistito ad un incremento inaspettato legato alla riduzione delle riserve del gas metano in Europa e storicamente quando ci sono questi aumenti così veloci poi rapidamente si sono riassestati».
Nella scorsa settimana l’impetuosa cavalcata dei prezzi ha ricevuto un nuovo slancio dagli ulteriori aumenti delle quotazioni del gas e soprattutto dei diritti di emissione Co2. «Siamo in una spirale crescente, aggravata anche dai record dei permessi della CO2 - dichiara Enrico Frigerio che siede al tavolo del Gruppo tecnico Energia di Confindustria - : il loro prezzo è passato da 6 euro a oltre 60 euro per tonnellata. È in atto una speculazione finanziaria. È necessario intervenire anche in sede Ue». L’Europa si è data una normativa rigorosa sulle emissioni di Co2 creando certificati (gli Ets, Emission Trading System) per sostenere il processo di decarbonizzazione. Il principio alla base dei titoli è semplice: «chi inquina paga».
Ma i «diritti di emissione» oggi arrivano a pesare anche il 20% sul prezzo dell’energia gravando pesantemente sui bilanci delle aziende. «Il sistema Ets non è sbagliato in se - spiega il bresciano Stefano Saglia commissario di Arera, l’Autorità di regolazione energia reti e ambiente - ma andrebbe governato a livello europeo. È necessario rivedere questo sistema perchè le nostre imprese energivore, che sono le più performanti a livello europeo e hanno fatto investimenti nella decarbonizzazione, ora sono sottoposte ad una concorrenza asiatica e cinese dove questi sistemi non esistono».
Come uscire da questo labirinto? «Il sistema degli Ets va aggiornato - conclude Saglia -. Dobbiamo rivedere gli attori che possono partecipare al mercato, fare in modo che le risorse raccolte vengano reimpiegate sotto il profilo ambientale». Quali le previsioni per il futuro? «Per il 2022 ci aspettiamo un prezzo medio dell’energia non diverso da quello di quest’anno - chiosa Frigerio -. Ma la sensazione è che i margini delle aziende saranno ovviamente impattati».
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