Economia

Silter, Vallesabbia e Tremosine cercano mercato in Svezia e Qatar

Positiva missione estera di Confcooperative con i caseifici Cissva, Alpe del Garda e Valsabbino
Alto Garda. La Formaggella di Tremosine
Alto Garda. La Formaggella di Tremosine
AA

La Rosa Camuna, il Vrenda della Valsabbia e la Formaggella di Tremosine sulle tavole degli sceicchi del Qatar e dei migliori ristoranti di Stoccolma. Un’ipotesi che potrebbe diventare realtà. Più facile a Doha, perché in Svezia c’è maggiore attenzione al prezzo che alla qualità. Comunque è una possibilità reale, sondata nei giorni scorsi dalla missione svolta in quei Paesi da Confcooperative di Brescia guidata dal vice presidente Paolo Foglietti, in collaborazione con l’Ice. «Ci stiamo lavorando, avremo altri contatti qui in Italia: di sicuro c’è molto interesse verso i nostri prodotti».

Cissva, Caseificio sociale Valsabbino e Alpe del Garda sono tra i fiori all’occhiello della cooperazione bresciana di montagna nel settore agricolo e zootecnico, che nel complesso vale 531 milioni di fatturato l’anno, con quasi seicento occupati e oltre undicimila soci. Le imprese sono 56, una trentina nell’agroalimentare e nei servizi, il resto allevamento.

«Nel mondo - spiega Foglietti - è in crescita la domanda di food italiano. La novità è che non ci si accontenta più di una generica bandierina italiana, i consumatori vogliono prodotti tipici di alta qualità, legati al territorio». Si cerca la specificità. «In questo senso i nostri caseifici, costituiti per legge da produttori locali, sono avvantaggiati. Il loro latte di montagna garantisce un elemento in più di certificazione qualitativa». La strada della internazionalizzazione è tutt’altro che semplice, «ma Confcooperative di Brescia l’ha imboccata», sottolinea Foglietti. «La Rosa Camuna oppure il Silter sono senza dubbio prodotti commerciabili all’estero». In Qatar, aggiunge, «si aprono centri commerciali straordinari con spazi enormi dedicati al food italiano. Un mercato in cui possiamo entrare».

La cooperazione è uno strumento importante per garantire la vita all’agricoltura montana. «Consente ai piccoli produttori di non soccombere alla pressione della grande industria», dice Giampietro Dossena, di Confcooperative. «Senza cooperazione l’agricoltura professionale non è possibile, la conseguenza è l’abbandono della montagna». Con danni anche per il turismo: «È ben diverso vedere prati, pascoli e boschi curati». Per dire il valore sociale ed economico di questo settore. La Cissva di Capo di Ponte, il Caseificio sociale Valsabbino di Sabbio Chiese, l’Alpe del Garda di Tremosine sono realtà storiche. La maggiore è Cissva, nata nel 1982. Ritira 160mila quintali di latte l’anno dai 57 soci, ai quali si aggiungono 32 conferenti. I dipendenti sono 40 (con l’indotto 120 posti di lavoro); il fatturato è sui 15 milioni, 8 solo dalla vendita della Rosa Camuna (500mila pezzi l’anno, 1.000 tonnellate). Cinque gli spacci: Iseo, Pisogne, Esine, Capo di Ponte, Edolo. Stoccati ci sono 8.000 pezzi di Nostrano (64 tonnellate) e 4.500 di Silter (45 tonnellate). Cissva. Giancarlo Panteghini è il presidente. «Il 90% delle nostre vendite - dice - esce dalla Valcamonica. È un bene, perché il mercato domestico resta a disposizione dei caseifici locali». Panteghini è presidente anche della cooperativa Caseificio Val Palot, con 5 soci (fra cui la Cissva); a Gratacasolo tre dipendenti trasformano in formaggio 5mila quintali di latte l’anno. «Il 2016 è stato un anno difficile, il 2017 va meglio», aggiunge Panteghini. La forma cooperativa garantisce una stabilità dei prezzi ai produttori di latte. «Eppure lo spirito e la mentalità cooperativistica stentano ancora a decollare in Valle», lamenta. «Non si riesce a far nascere nuove realtà». Il mercato della Cissva è soprattutto in Lombardia, «ma stiamo attaccando il Friuli e il Veneto, mentre siamo penetrati nel Sud». In particolare con marchi depositati come Rosa Camuna, Cuor di Valle, Casatta di Corteno Golgi. «Dobbiamo fare uno sforzo per diventare nazionali», sottolinea Panteghini. Guardando anche fuori confine: magari verso i fiordi del nord e i deserti della Penisola arabica.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Condividi l'articolo

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato