Se la peste suina arrivasse a Brescia sarebbe un disastro economico
«Se la peste suina arrivasse negli allevamenti bresciani i danni sarebbero ingenti. Possiamo parlare di oltre due miliardi se solo ipotizziamo una situazione che può protrarsi ed acuirsi nei prossimi 24 mesi. Ma questi sarebbero solo i danni diretti poi ci potrebbero essere quelli indiretti: dalla perdita di posti di lavoro, alle ripercussioni e chiusure di punti vendita ed ancora alle conseguenze negative per il prodotto made in Italy. Un vero disastro». Alberto Cavagnini di Milzano, tra i principali allevatori italiani e vice presidente di Coldiretti Brescia.
«Per questa ragione occorre avere idee chiare su come controbattere il dilagare del numero di cinghiali con l’entrata di campo - come ottenuto da Coldiretti - dell’esercito - prosegue -. Non è poi da sottovalutare il problema tempo: quanto possono essere gli anni per tornare ad una situazione di normalità per il settore suinicolo? È una domanda - dice ancora Cavagnini - alla quale non è possibile rispondere adesso».
Patrimonio suinicolo
Sulla stessa linea di massima preoccupazione è anche Giovanni Garbelli, presidente di Confagricoltura Brescia «Basti pensare - sottolinea - che il 50% del patrimonio suinicolo italiano si trova in Lombardia e Brescia si attesta al primo posto tra le province lombarde, con quasi trecento milioni di valore produttivo e con circa 1,2 milioni di capi, equivalenti al 28% del patrimonio regionale. Soltanto le mancate esportazioni di carni suine e salumi italiani verso i Paesi terzi valgono 20 milioni di euro al mese, mentre il comparto suinicolo lombardo rischierebbe di perdere ben 60 milioni di euro al mese. Non c’è tempo da perdere per ridurre il rischio che arrivi anche a Brescia, dove si alleva la materia prima di una delle principali filiere delle Dop italiane».
Confagricoltura Brescia ha rafforzato le comunicazioni con i soci sui comportamenti da tenere «ma - continua Garbelli - nessuna misura di contenimento può essere davvero efficace se vengono messi in atto comportamenti irresponsabili e non vengono effettuate le dovute comunicazioni. La prima e principale protezione parte dagli allevatori, che devono seguire scrupolosamente le norme di cautela».
Le istituzioni
La Regione Lombardia ha emanato un’ordinanza amplifica le misure: nuove zone di protezioni e sorveglianza, divieti di movimentazioni per suini, nuove zone, spargimento liquami, raccolta seminali, trasporto attrezzature, pascoli, ripopolamento selvaggina tra altri provvedimenti.
Il Ministero della Salute e il Commissario Straordinario alla Psa hanno disposto nuove misure straordinarie per neutralizzare i rischi derivanti dalle movimentazioni di suini. Un provvedimento complesso che prevede vari punti. Si va dal blocco nazionale di tutte le movimentazioni di suini. In particolare tutta la provincia di Pavia, dopo i recenti focolai è chiusa. Una misura drastica per comprendere e monitorare la diffusione della peste che ci si augura resti circoscritta a questa provincia che conta la presenza di 220mila suini.
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