Se il posto fisso non è per sempre: i bresciani cambiano lavoro più spesso

Angela Dessì
Un rapporto del Centro Studi di Confindustria rileva una crescita al 6,7% del tournover volontario nel 2023
Un uomo esce dall'ufficio con la valigetta (foto Unsplash)
Un uomo esce dall'ufficio con la valigetta (foto Unsplash)
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Nel 2023 il turnover volontario nel Bresciano raggiunge il massimo livello dal pre pandemia, mentre smart working e welfare stentano a decollare. A dirlo è l’edizione 2024 del HR Dashboard del Centro Studi di Confindustria Brescia: il documento (coinvolte 182 imprese bresciane che danno lavoro a circa 21.500 addetti) mostra che l’avvicendamento volontario della forza lavoro nello scorso anno si è attestato al 6,8%, in lieve incremento sul 2022 (6,7%), ma in decisa impennata sul 2019, quando era al 4%.

La dinamica del turnover volontario (misurato dal rapporto fra i dimessi durante l’anno e lo stock di dipendenti a inizio periodo, a rappresentare l’intensità con cui gli organici lasciano spontaneamente il posto di lavoro) appare sostanzialmente coerente con quanto riscontrato, a livello bresciano, dai dati Inps che nel 2023 rilevano un numero di dimissioni pari a 61.070, valore di poco inferiore al record storico raggiunto nel 2022 (61.691) ma comunque ben al di sopra di quanto sperimentato prima della pandemia (circa 39 mila nel quinquennio 2015-2019). Allo stesso tempo, la quota di dimissioni riscontrate nel 2023 sul totale delle cessazioni si è attestata al 38%, confermando l’accelerazione di tale fenomeno dal 2021 in poi.

Il fenomeno

«Siamo di fronte a un mondo del lavoro in profondo cambiamento e Brescia non fa eccezione – commenta il vicepresidente di Confindustria Brescia con delega a Relazioni Industriali e welfare, Roberto Zini –.Come sistema imprenditoriale recepiamo l’esigenza di costruire un nuovo sistema di relazioni tra lavoratore e azienda, incentrato sul welfare e il benessere dei collaboratori, e in questo senso siamo sulla strada giusta. Puntiamo invece a un cambio di passo sul lavoro femminile, su cui Brescia sconta un ritardo rispetto ai territori europei di riferimento, così come sull’immigrazione che, se gestita, costituisce una risposta possibile alle crescenti problematiche di mismatch».

Lo smart working nel 2023 ha interessato il 39% delle imprese bresciane e ha coinvolto il 22% dei dipendenti eligibili. In questo caso i numeri sono più bassi rispetto al dato lombardo, dove il «lavoro agile» ha riguardato il 51% delle aziende, per una quota di smart workers del 26%. Tra le ragioni del differenziale, spiccano la forte prevalenza nel bresciano di Pmi manifatturiere, in cui il lavoro da remoto fatica a imporsi. Quanto all’estensione temporale, il quadro bresciano vede un prevalente utilizzo dello smart working fino a 4 giorni al mese (56% delle aziende), seguito da quello fino a 12 giorni (51% del campione), con solo il 24% delle realtà che concede più di 12 giorni al mese. Sul versante dei lavoratori, la maggioranza assoluta dei dipendenti (72%) può beneficiare fino a 12 giorni al mese e solamente il 2% gode di oltre 12 giorni al mese.

Welfare e retribuzioni

Quanto alla conversione in welfare dei premi di risultato, tra le aziende bresciane che lo prevedono solamente il 15% dei dipendenti ne ha usufruito, contro il già basso 22% rilevato in Lombardia. Tuttavia, nel Bresciano la quota di premio convertita è molto elevata, pari all’83% dell’importo complessivo contro il 66% regionale.

Ancora, il tasso di assenza dell’addetto medio (il rapporto tra ore perdute e ore lavorabili) nel 2023 è stato pari al 7,1%, con un’elevata eterogeneità per inquadramento (2,4% per quadri, 5,0% per impiegati e 9,1% per operai) e genere (6,8% fra maschi e 8,5% fra le femmine). La quota imputabile ai permessi per la Legge 104, novità di questa edizione del rapporto, si attesta allo 0,6%, mentre le ore mediamente perdute sono state 119. La principale causa va qui ricercata nella malattia non professionale (65 ore), seguita dagli altri permessi retribuiti (18 ore), tra cui i permessi sindacali e tutti i permessi per visite mediche e altri motivi: tra le donne i congedi retribuiti, al cui interno sono contabilizzati i congedi parentali, riguardano in media 49 ore, il 2,9% delle ore lavorabili. Retribuzioni.

Infine le retribuzioni d’ingresso dei neolaureati. Nel contesto bresciano, un laureato triennale al primo impiego percepisce uno stipendio medio di 26.241 euro, contro i 27.985 dei laureati magistrali. 

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