Ristrutturare col bonus 110%: il credito può essere ceduto
La nuova norma dello «sconto in fattura», legato al recente eco-bonus al 110% ma non solo, promette lavori gratis per i proprietari e potrebbe essere il nuovo toccasana per l’edilizia. A introdurlo è stato il nuovo decreto legge «Rilancio», che lo ha accoppiato alla cessione del credito a banche o ad altri intermediari finanziari. Se ne può beneficiare per le «spese sostenute» da luglio 2020 a dicembre 2021. Interessa tutti i bonus che prevedono sconti sui versamenti Irpef in dichiarazione dei redditi, fatta eccezione per bonus mobili e bonus verde. Se ne è parlato qualche giorno fa anche in un convegno dell’Associazione Artigiani, in via Cefalonia.
Come dovrebbe funzionare? Secondo l'articolo 121, comma 1, del decreto Rilancio, in alternativa alla solita detrazione si potrà optare per uno sconto sul costo dell’intervento pari alla percentuale prevista, quindi nel caso dell’eco-bonus per il 110%, vale a dire tutta la spesa. Significa che il padrone di casa o gli inquilini del condominio che commissiona i lavori non dovrebbe sborsare nemmeno un euro. Il costo delle opere sarebbe infatti anticipato dall’impresa addetta all’intervento, e poi da quest'ultima recuperato sotto forma di credito d'imposta, con facoltà di successiva cessione del credito alle banche.
Lo sconto in fattura promette di avvantaggiare anche chi ha redditi bassi e versa poca Irpef. Per provare di averne diritto servirà redigere due documenti: un «visto di conformità» (con commercialisti, esperti contabili, consulenti del lavoro, operator dei Caf) e le «asseverazioni tecniche» (fatte da ingegneri, architetti o geometri). Secondo l’articolo 121, comma 2, gli interventi destinati a beneficiarne sono quelli compresi in bonus ristrutturazioni, eco-bonus (50%, 65% o 110%), bonus antisismico, bonus facciate (90%), installazione di impianti fotovoltaici, e installazione di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici.
Restano dubbi sulla forza economica delle imprese, costrette ad anticipare i costi dell’intervento in attesa di rientrare dalla spesa in tre-quattro anni, come sulla partecipazione delle banche, chiamate in causa per garantire liquidità agli impresari.
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