Nei portafogli dei bresciani il valore dei titoli è cresciuto del 58%
Non c’è nesso tra sportelli bancari sul territorio di Brescia che chiudono e depositi che crescono: i primi diminuiscono perché la digitalizzazione si è impadronita (anche) dei processi di lavoro del mondo del credito, i secondi salgono in quanto, seppur in stagioni di economia tutto sommato sana, molte continuano ad essere le incertezze (guerre, pandemia, rischi politici sul traffico internazionale delle merci, inflazione e crisi varie) che hanno invitato il risparmiatore ad allontanare i risparmi dal conto corrente (che spessissimo non remunera interessi) a favore di investimenti più redditizi legati a titoli di stato.
Partiamo dagli sportelli che sono il terminale delle banche sul territorio: a fine 2023 nel Bresciano erano 642 contro i 972 del 2008 con una flessione del 33%, numeri lontanissimi da quelli delle stagioni in cui il sistema stava sfiorando nella nostra provincia quota mille che in quegli anni avrebbe significato uno sportello ogni 1.200 abitanti. Ovviamente c’erano piazze finanziarie della provincia estremamente allettanti (Lumezzane per prima) ed altre molto meno. Un dato: l’allora Banca San Paolo aveva aperto il suo primo sportello in provincia a Bagolino.
Il punto
Uno studio di Banca d’Italia elaborato da Il Sole 24 Ore su un arco temporale di sei anni (2018/2024) ci dice che tra le prime venti province italiane, sommando depositi e titoli, Brescia con 42.600 euro pro capite (21.100 euro di depositi e 21.500 di titoli) è al secondo posto di una graduatoria nazionale che vede Bolzano al primo con 43.900 euro pro capite per ricchezza media, contro una media nazionale di 34.600 in cui i primi quindici posti sono tutti occupati da province del centro nord.
Nella nostra provincia le variazioni in sei anni sono state significative: complessivamente del 34% nella nostra provincia con un più 17% dei depositi e 58% dei titoli.
La graduatoria delle prime venti province chiude con Como e Parma, mentre quella delle ultime venti si apre con Biella e Verbano - Cusio - Ossola e termina con Vercelli e Crotone.
Numeri che si collocano all’interno di un patrimonio nazionale che, tra mobiliare e immobiliare, supera i diecimila miliardi di euro, con la quota immobiliare che rappresenta la quota maggiore, cui si affiancano titoli e liquidità, quest’ultima di oltre 1.262 miliardi. Importi che negli ultimi anni sono cresciuti sensibilmente almeno per quanto riguarda il valore nominale dei titoli.
Le abitudini
Lo studio di Bankitalia ci dice molto sulle abitudini finanziarie degli italiani e dei bresciani: nelle tasche ci sono rispetto a sei anni fa più risorse (+26% complessivamente in Italia, di cui più 15% per i depositi e 41% per i titoli), ma è diversa la scelta dell’allocazione dei risparmi.
Se, come in tutte le emergenze in cui i consumi rallentano e conseguentemente i risparmi crescono, il Covid che aveva portato le famiglie a trattenere risorse affidandole al conto corrente, comportamento che in questi ultimi anni è cambiato favorito da tassi d’interesse che avevano lasciato le dolorose stagioni dello «zerovirgola»: i dati dei depositi bancari e di risparmio postale di Bankitalia ci dicono infatti che a dicembre del 2021 a Brescia ammontavano a 16,2 miliardi, a dicembre del 2022 erano saliti a 17,3, a settembre 2023 cresciuti a 18,4, arrivando poi, a marzo di quest'anno, a 17,5 miliardi che hanno preso strade con investimenti più interessanti, primo fra tutti i Btp con rendimenti considerevoli che hanno richiamato gli investimenti delle province più ricche, mentre quello meno dinamiche c’è stata una lieve crescita solo dei depositi.
Le sofferenze
Sempre Bankitalia ha preso in esame le sofferenze, ovvero i crediti la cui totale riscossione non è certa (per le banche e gli intermediari finanziari che hanno erogato il finanziamento) in quanto i debitori si trovano in stato d’insolvenza o in situazioni sostanzialmente equiparabili: i dati ci dicono che a dicembre 2021 a Brescia le sofferenze ammontavano a 116 milioni, in Lombardia a 1.061 milioni e in Italia a 4.668 milioni.
A dicembre 2022, invece le sofferenze nella nostra provincia corrispondevano a 81 milioni di euro, contro 647 milioni in Lombardia e i 2.753 milioni in Italia. Arriviamo quindi alla fine dello scorso anno: a dicembre 2023, su Brescia gravano 94 milioni di sofferenze, 662 milioni in Lombardia e 2.651 milioni a livello nazionale. A marzo di quest’anno, il valore delle sofferenze sale a 99 milioni a Brescia, a 833 in Lombardia e a 2.820 milioni in tutto il Paese. Numeri non da allarme rosso, ma senza alcun dubbio da non sottovalutare.
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