Prandini: «Quella bresciana è l’agricoltura più sostenibile del mondo»
Se c’è un settore che ancora è percorso da stereotipi quello è di certo l’agroalimentare. E i pregiudizi sono tanti e di varia natura, dall’accusa di non rispetto dell’ambiente a quella di poca portata innovativa solo per citarne alcuni.
Nulla di più lontano dal vero secondo Ettore Prandini, presidente nazionale di Coldiretti. «Il nostro è un settore in costante evoluzione, che alla centralità delle imprese affianca il rispetto e la valorizzazione dei territori, investendo in maniera massiccia e continua in innovazione e sostenibilità» spiega il numero uno bresciano dell’associazione, che ha affidato le sue parole a dei video (immagini Paolo Bergamaschi, montaggio Alessandro Colossi) trasmessi su Teletutto nel corso di In piazza con Noi alla Giornata del Ringraziamento di Coldiretti che si è svolta a Malonno.
I dati
E dalla sua Prandini porta la forza dei numeri: «Il 2024 sarà un anno record per l’agroalimentare italiano, con l’export che raggiungerà la cifra record di 70 miliardi di euro di valore – annuncia –. Un grande obiettivo ma che non ci basta, puntiamo a raggiungere i 100 miliardi». Complessivamente il comparto nazionale vale 620 miliardi di euro e conta oltre 4 milioni di occupati.
In questo contesto un ruolo di primissimo piano lo gioca il Bresciano, «provincia straordinaria per capacità produttiva – conferma –, che la rendono la prima in Italia quindi un punto di riferimento sia per il Paese sia per l’Europa, anche sotto il punto di vista delle professionalità e della capacità imprenditoriale».
Ma il presidente di Coldiretti, organizzazione che quest’anno festeggia gli 80 anni di vita, si spinge oltre e sostiene come quella bresciana «sia l’agricoltura più sostenibile a livello globale, anche sulle filiere zootecniche: il dato sulle emissioni è infatti inferiore al 5,5%, negli altri Paesi è più del doppio». Un plauso anche sulla capacità di affrontare le diverse emergenze sanitarie, dalla peste suina alla lingua blu fino all’aviaria, che hanno colpito il comparto.
Impegni futuri
Ma quella costante volontà di rinnovamento porta a fare ancora di più: «Dobbiamo continuare a innovare puntando su biogas e biometano, investendo sul digestato come fertilizzante e puntando sulla tecnologia, con droni, sensoristica e satelliti che aiutano a diminuire l’utilizzo di agrofarmaci». Uso di agrofarmaci «che dal 2015 è già calato di più del 40% in Italia».
Anche sul fronte infrastrutture Prandini guarda lontano e rilancia l’idea dei «bacini di accumulo per l’acqua da utilizzare nei campi e negli allevamenti – spiega –. Ciò si rende imprescindibile alla luce del cambiamento climatico, con anni troppo piovosi che si alternano a periodi di grave siccità, il tutto a fronte di sempre più frequenti eventi meteorologici estremi».
Cultura
Vi è poi un elemento che è meno materiale ma risulta centrale nella valorizzazione e nella tutela dell’agroalimentare: è quello culturale. «Non è un caso che fin dalle scuole primarie Coldiretti vada a parlare con i giovani – spiega –, perché è da qui che nasce la consapevolezza dell’importanza di queste attività. Deve rafforzarsi la consapevolezza del ruolo dell’agricoltore che è anche quello di custode del territorio e dell’ambiente».
Politica
Infine c’è l’aspetto politico, inteso sì come capacità di avere rapporti con le istituzioni ma anche di saper difendere la centralità dell'agricoltura nel vivere comune. «Ci tacciano di essere un'associazione filogovernativa, io dico che abbiamo una cultura di governo che ci porta a dialogare con la politica per ottenere risposte nell’interesse delle nostre imprese» afferma il presidente di Coldiretti. Che l’ultimissima battuta la riserva all’Europa.
«Vogliamo fare in modo che le risorse della Politica agricola comune siano davvero destinate a chi vive di agricoltura – spiega –. Inoltre è fondamentale che sulle regole ci sia reciprocità, cioè che ciò che noi siamo tenuti a rispettare sul fronte normativo venga esteso anche a tutte quelle realtà che desiderano entrare nei nostri mercati. Altrimenti si va incontro a una concorrenza sleale».
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