Economia

Per la prima volta dall'inizio della crisi calano i mammoni

Sono ancora tantissimi, ma dopo un decennio di salita costante ora l'Eurostat registra un lieve calo
Tanguy, protagonista del film omonimo, emblema dei mammoni
Tanguy, protagonista del film omonimo, emblema dei mammoni
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I «mammoni» italiani sono ancora tantissimi. Tra i grandi Paesi europei non ci sono eguali. Ma per la prima volta dall'inizio della crisi, dopo un decennio di costante salita, il loro numero inizia a calare. Gli italiani, non c'è dubbio, continuano a rimanere nella casa dei genitori più a lungo, ma è anche evidente che il rapporto di causa effetto tra mancanza di lavoro e permanenza in casa è chiarissimo. A disegnare il nuovo quadro sono le statistiche dell'Eurostat.

Se si guarda al gruppo dei «giovani adulti», che hanno tra i 18 e i 34 anni, si scopre che due su tre vivono ancora con i genitori. La percentuale del 2016 è del 66%, altissima, ma in calo rispetto al 67,3% del 2015. È un'inversione di tendenza rispetto al decennio che parte dal 2007, ma è comunque di più del 48,1% della media dell'Europa, che vede un dato peggiore solamente tra i giovani della Croazia.

Il quadro, per l'Italia, non cambia di molto se si restringe il campo ai giovani che dovrebbero aver finito gli studi e quindi avviare la ricerca del lavoro, quella di chi ha tra i 25 e i 34 anni: la percentuale di «mammoni» italiani è al 49,1%, uno su due rimane a casa. Anche in questo caso si registra un leggero calo, ma si è ancora lontani dalla percentuale Ue che vede solo il 28,6% di giovani continuare a condividere la casa con i genitori.

È chiaro che la crisi economica e la difficoltà a trovare lavoro hanno il loro peso. Questi anni di stagnazione non hanno aiutato. La crescita dei giovani adulti a casa con i genitori è stata continua dal 2007, quando erano il 61,2%, per raggiungere il record del 67,3% nel 2015. Si tratta di sei punti percentuali che si ritrovano quasi tutti nella fascia più adulta, quella dei 25-34 anni, quella che dovrebbe segnare l'ingresso nel mondo del lavoro e che invece ha visto i «mammoni» salire dal 45,8% del 2007 al 50,6% del 2015.

Ma ci sono anche gli incalliti, che non lasciano il tetto familiare nemmeno con un lavoro. Il 39,4% infatti continua a rimanere a casa anche e nonostante si dichiarino impiegati a tempo pieno. A studiare invece è il 19,3% - nel 2007 la percentuale era del 14,1 - mentre i disoccupati sono il 28,7%.

Basta allargare lo sguardo ad altri Paesi per scoprire però che varcati i confini italiani il contesto cambia e di molto. Se si guarda alla fascia 25-34 anni, quella dei «giovani adulti» che affrontano il passaggio dallo studio al lavoro, in Danimarca continua a vivere con i genitori solo il 3,8%, un dato in linea con la Finlandia (4,3%) e inferiore alla Svezia (6%). Comunque anche in Francia i giovani che vivono nella famiglia di origine sono una piccola minoranza (il 13,4%, in crescita dal 10,1% del 2015), nel Regno Unito sono il 14,3%. Peggio degli italiani, per questa fascia di età, non sono solo i croati: ci sono anche i greci, i maltesi e gli slovacchi. 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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