Per la Gnutti Transfer il 2022 è stato l'anno migliore della sua storia
La prima riga della relazione sulla gestione di Gnutti Transfer è l’esegesi dei dodici mesi del 2022 definito «miglior esercizio della nostra non breve storia: in termini di fatturato, efficienza della gestione, della produzione e risultati industriali», con il portafoglio ordini che rimane ancora a livelli molto importanti nella prospettiva dell’esercizio 2023.
La società presieduta da Renato Gnutti tra due anni arriverà ai settant’anni di storia che merita di essere riassunta. Nasce nel 1950 come officina di servizio per le Trafilerie Carlo Gnutti, costruendo torni automatici per la realizzazione di particolari di rubinetteria affiancando a questi quasi immediatamente la produzione innovativa di macchine transfer. Cinque anni più tardi Quirino Gnutti intuisce che il «gioco di squadra» tra costruttore e utilizzatore di macchine transfer sarebbe diventato uno strumento prezioso per il successo di entrambi e in un quinquennio passa dalla realizzazione di poche macchine ai grandi numeri della produzione consolidata: nel 1961, anno in cui il Pil nazionale presenta un incremento dell’8,6%, le consegne annuali erano già a tre cifre.
La crescita è inarrestabile: negli anni Settanta la Gnutti di Ospitaletto realizza una macchina che porta da tre a sei le operazioni contemporanee della precedente e già nota «1-2-3» americana, passaggio che anticipa l’ingresso negli anni Ottanta dell’elettronica grazie al quale nel portafoglio clienti della società bresciana entra General Motors. Integrazione e modularità. Negli anni Novanta nella progettazione e nel montaggio entrano i concetti di integrazione (ossia la capacità di rendere i nuovi programmi e i nuovi accessori compatibili con le macchine precedenti) e di modularità (ovvero la possibilità di rendere espandibili e riconfigurabili, entro certi limiti, le nuove macchine), mentre nel Duemila la società bresciana va incontro alla richiesta dei clienti di poter avere nuove soluzioni più flessibili, che permettessero di adattare la produzione alle variabili esigenze del mercato.
Dalle controllate americana a tedesca i contributi per il servizio post vendita e per la valenza commerciale in aree di mercato importanti. Passaggi storici importanti per comprendere che nulla arriva per caso, ma anche per lasciare alla storia locale elementi di ricerca anche se essenziali, molto importanti che (ci sia permesso) tutte le imprese potrebbero/dovrebbero metter a disposizione dei ricercatori.
Il valore della produzione è passato da 51,1 a 57,8 milioni di euro (di cui 33,3 in Italia, 6,4 nell’Ue, 19 nel resto del mondo); 52 milioni il costo di produzione cresciuti sul 2021 di 3,8 milioni; 11,6 milioni il margine operativo lordo; 3,8 milioni il risultato netto dopo aver pagato 1,3 milioni di imposte; 15,8 milioni il costo del lavoro. Per i 211 collaboratori (di cui due dirigenti, 82 impiegati e 115 operai, oltre ad altre 12 risorse diverse) dentro cui stanno 2.346 ore in formazione. Il patrimonio netto è cresciuto da 68,9 milioni di inizio esercizio a 70,3 milioni al 31 dicembre 2022.
La relazione sulla gestione sottolinea un problema comune all’impresa bresciana: difficoltà nel reperire personale. Difficoltà che non ci sono solo là dove le lavorazioni complesse e la tecnologia è alta, ma anche nel bar all’angolo. Anche se le istituzioni non se ne accorgono.
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