Economia

Paola Lecci di Intesa Sanpaolo: «Brescia è consapevole della sua forza»

La manager guida la Direzione regionale Lombardia Sud dal primo gennaio: «Questo territorio è concreto, veloce e dinamico»
Paola Lecci, direttrice Lombardia Sud di Intesa Sanpolo - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
Paola Lecci, direttrice Lombardia Sud di Intesa Sanpolo - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
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Paola Lecci, alla guida della Direzione regionale Lombardia Sud di Intesa Sanpaolo – con competenza su Brescia, Cremona, Lodi, Mantova e Pavia – dal primo gennaio.

Bastano tre mesi per testare una delle aree più dinamiche del Paese?

Diciamo che sono stati tre mesi intensi. Del resto non ho fatto altro che adeguarmi all’intensità di questo territorio. Lo trovo incredibile: concreto, veloce, dinamico. E soprattutto consapevole della sua forza. Che non è presunzione, anzi. È un territorio che sa guardare al futuro. Vengo dal Piemonte, lì ho visto chi si osservava per quello che è stato; qui ho trovato invece chi sa guardare a quello che sarà. Per ogni minuto, 5 secondi vengono dedicati ad osservarsi, gli altri 55 invece a ragionare su dove si arriverà. È un distretto di peso, apripista per il settore Italia e tutto ciò che ci gira attorno. Questo tessuto industriale consente di capire subito cosa sta succedendo sui mercati, e che poi avrà ricadute a pioggia su tutti. È un territorio da cui ci si aspetta molto. E che chiede altrettanto.

Anche da un istituto bancario. Parliamo un po’ di lei: entra in Intesa Sanpaolo nel 2004. Una carriera a tappe ravvicinate e tutta all’interno del Gruppo, da operatrice di sportello alla direzione regionale passando attraverso le direzioni di filiale e poi di area...

Meraviglioso anche questo, no? Come il territorio in cui operiamo. In realtà mai avrei immaginato di fare questo mestiere. Ho avuto una formazione umanistica: liceo classico e poi laurea in giurisprudenza. Inizialmente ho lavorato in uno studio di diritto internazionale ma volevo fare il magistrato. E ho partecipato ad una selezione dell’allora San Paolo di Torino mirando all’ufficio legale, proprio in attesa del concorso in magistratura. E invece…Io mi butto, e quando mi innamoro di quello che faccio, continuo a farlo dando il meglio di me.

La sua carriera valorizza il talento femminile. Quanto è cambiata secondo lei la cultura di genere nel lavoro?

Molto. Ma c’è ancora tanto da fare. Avevo un direttore commerciale, una collega straordinaria, che mi diceva: perché le donne devono faticare il triplo per dimostrare quanto valgono? E faccio mie le sue considerazioni: la carriera è importante ma non fine a se stessa. Accresce la sfera d’impatto: ti consente di incarnare e moltiplicare i principi in cui credi. Anche questa è cultura. È un processo… Non è stato sempre facile. Anche io in passato ho dovuto fare i conti con le mie fragilità che sono però diventate la mia forza. Mi consentono di approcciare gli altri con la giusta delicatezza. Vale per il lavoro ma anche nella vita privata.

Torniamo alle imprese. Questo è un momento di grande complessità. E di trasformazione. Che accompagnamento garantisce Intesa Sanpaolo?

La bussola di riferimento ha un solo vocabolo: sostenibilità. Che però significa tantissime cose, come digitalizzazione, transizione energetica, vuol dire lavorare facendo sistema, parola che ho sentito ripetere a Futura Expo e mi ha fatto molto piacere. Sostenibilità significa anche giustizia, perché ciò che è ingiusto è anche insostenibile. E poi l’internazionalizzazione…

Come orientarsi in un mondo fatto di chiaroscuri in continuo divenire?

Appunto: bisogna allargare l’orizzonte, diversificare. L’internazionalizzazione diventa sempre più strategica. Guardiamoci attorno: qual è il mercato di sbocco per eccellenza? Per noi italiani era la Germania, che però oggi è uno degli elementi di forte complessità. Vogliamo considerare gli Stati Uniti come mercato di sbocco capace di aggirare i dazi di Trump? Staremo a vedere. Sono comunque tante le aziende che stanno pensando di aprire una sede produttiva o commerciale oltre Europa. E noi possiamo affiancarli: siamo attivi in oltre 40 Paesi e abbiamo un ufficio studi che garantisce letture strategiche sulle dinamiche geopolitiche. Ma c’è anche un «fronte interno» sul quale possiamo dare assistenza: quello del passaggio generazionale. È un momento cruciale. Senza dimenticare le piccole e medie imprese e le startup innovative che guardano ai mercati dei capitali. Serve formazione, accompagnamento. Noi ci siamo.

I dati di Banca d’Italia segnalano nel 2024 una liquidità del sistema produttivo ai massimi storici. Significa che le imprese hanno smesso di investire?

Il fattore incertezza pesa sugli investimenti anche se gli imprenditori bresciani sono ben consapevoli di quanto siano necessari per mantenere la competitività. Stiamo parlando di un territorio con un’economia sana, con aziende ben patrimonializzate e con una buona dote di liquidità, in grado di assorbire e rispondere ai rallentamenti contingenti. Abbiamo sempre garantito il credito, nel 2024 abbiamo erogato alle imprese bresciane circa 400 milioni di euro, in linea con il 2023. È fondamentale fare sistema e l’accordo con Confindustria va proprio in questa direzione mettendo a disposizione a livello nazionale 200 miliardi di euro per dare maggiore impulso agli investimenti rivolti alla transizione sostenibile, all’economia circolare e alla digitalizzazione e cogliere così le opportunità di strumenti come Transizione 5.0 e l’intelligenza artificiale.

Per contro, i depositi bancari delle famiglie registrano invece una flessione rispetto al record del 2022. Come lo spiega?

A Brescia resta alta la propensione al risparmio, nel 2024 abbiamo osservato una ripresa rispetto al 2023 che aveva visto una flessione a causa dell’inflazione, che aveva eroso il potere d’acquisto delle famiglie facendo mettere mano ai risparmi per far fronte a spese importanti. Lo scorso anno abbiamo anche visto una ripresa della domanda dei mutui casa, ulteriormente rafforzata dopo l’intervento della Bce che aveva reso le rate maggiormente sostenibili. In particolare i giovani si orientano sempre più verso un investimento immobiliare moderno e green: a Brescia nel 2024 le erogazioni mutui green sono state di circa 100 milioni di euro. Siamo inoltre l’unica banca a offrire ai giovani scadenze fino a 40 anni per il mutuo prima casa, in certi casi finanziamo il 100% del valore, anche a lavoratori con contratti a tutele crescenti. Questo consente di avere rate sostenibili: per questa tipologia di clientela rappresentiamo a Brescia il 45% della quota di mercato. E a proposito di giovani, ricordo il sostegno all’istruzione attraverso il prestito d’onore che non richiede alcuna garanzia se non l’impegno nello studio. Credito d’impatto fino a 75.000 euro e fino a 30 anni, con un tasso contenuto per coprire tutte le spese presso atenei in Italia o all’estero, ITS e Master. Si comincia a restituire una volta terminati gli studi, dopo un periodo ponte di due anni. Negli ultimi 5 anni, oltre 2700 studenti lombardi stanno realizzando i loro obiettivi formativi grazie ai finanziamenti erogati da Intesa Sanpaolo, per oltre 50 milioni di euro.

Quando definisce Intesa Sanpaolo una banca di sistema, cosa intende?

Intendo dire - e lo ricordo ai colleghi di ogni filiale che visito - che la nostra è una banca che deve fare cultura al di là degli investimenti e del credito. Deve far cultura anche su temi come l’inclusione e la lotta alla povertà, ad esempio. Se non lo facciamo noi, che gestiamo 14 milioni di clienti; se non lo faccio io che - come direzione regionale - ne ho la responsabilità di quasi 600 mila, chi lo deve fare? Ricordo che proprio qui, a Brescia, abbiamo la sede di Intesa Sanpaolo per il Sociale.

Fuori dal lavoro, c’è una Paola Lecci?

Eccome che c’è. Ama correre, cantare e suonare il pianoforte, una passione da quando ero piccola. Mi piace stare con me, in solitudine. E con i miei figli - 20 anni il grande, 14 la piccola - con i quali ho condiviso ogni scelta di lavoro, ogni mio trasferimento. Loro sono la mia finestra sul mondo che cambia.

Un sogno nel cassetto, anzi due: uno personale e uno professionale....

Allora facciamo tre. Due sul personale: portare i miei figli a realizzarsi con senso di umiltà e di impegno, consapevoli di dover contare su se stessi, lavorare sodo per costruirsi tutto. Poi se potranno contare anche su qualcun altro, tanto meglio. Ma non è scontato. Secondo: quando non avrò più impegni di lavoro e di famiglia, mi piacerà guardare il mondo e dare una mano a chi è un po’ più in difficoltà di me. Da un punto di vista professionale invece, ho la fortuna di lavorare per un’azienda che offre tante possibilità di crescita e non solo in verticale, ma anche orizzontale, trasversale e obliqua. Insomma, so che posso continuare a dare il mio contributo e non chiedo altro. Se Stefano Barrese mi chiedesse: con quali aspirazioni? Ecco, risponderei senza tentennamenti, perché sono le stesse di ieri e di oggi: la cura dei clienti.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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