Economia

Paga da 1.250 euro in Italia? I laureati preferiscono l’estero

AlmaLaurea ha fotografato le aspettative dei nostri giovani. Oltre il 90% è soddisfatto degli studi, idee chiare sull’occupazione
Il momento del lancio del tocco - © www.giornaledibrescia.it
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Uno stipendio da 1.250 euro al mese? No grazie. È la risposta data da sei laureati italiani su 10, secondo il 26esimo Rapporto sulla condizione occupazionale dei laureati stilato dal Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea su circa 660mila laureati di 78 atenei. Si dicono soddisfatti del corso di studi scelto (così dice il 90,5%), ma appaiono sempre più selettivi sul fronte della ricerca occupazionale, puntando ad attività che siano adeguatamente retribuite e coerenti con la propria parabola formativa. E sono più che pronti ad andare all’estero dove i compensi sono più alti.

Formazione e stipendi

Questo è il profilo dei dottori italiani secondo AlmaLaurea. In base al rapporto «i laureati sono sempre meno disponibili ad accettare lavori a basso reddito o non coerenti con il proprio percorso». Nel 2023, viene evidenziato, «a un anno dal titolo la quota, tra i laureati di primo e di secondo livello, di chi accetterebbe una retribuzione al più di 1.250 euro è pari al 38,1% e al 32,9% con un calo sul 2022 dell’8,9% e del 6,8%». Sempre a un anno dal titolo, la retribuzione mensile netta è pari, in media, a 1.384 euro per i laureati di primo livello e a 1.432 euro per quelli di secondo. A 5 anni, invece, a 1.706 euro per i laureati di primo livello e a 1.768 euro per quelli di secondo.

All’estero

Cifre ben diverse rispetto a quello raccolte all’estero che, viene sottolineato, «sono notevolmente superiori: complessivamente, i laureati di secondo livello trasferitesi all’estero percepiscono, a un anno dalla laurea, 2.174 euro mensili netti, un +56,1% rispetto ai 1.393 euro di chi è rimasto in Italia». A 5 anni dalla laurea, fuori dai confini nazionali la retribuzione è di 2.710 euro; con un +58,7% rispetto ai 1.708 euro italiani. Lo studio, inoltre, registra una riduzione del tasso di occupazione di poco superiore all’1% tra i neolaureati: nel dettaglio nel 2023 il tasso di occupazione è risultato pari, a un anno dalla laurea, al 74,1% tra i laureati di primo livello e al 75,7% tra quelli di secondo con un -1,3% e un -1,4% sul 2022.

Tipo di contratti

La forma di lavoro più diffusa tra i laureati occupati a un anno dal titolo, è il contratto a tempo indeterminato (34,9% tra gli occupati di primo livello e 26,5% tra quelli di secondo livello) mentre svolge un’attività in proprio il 10,1% degli occupati di primo livello e l’8,4% di quelli di secondo. Sul 2022 l’aumento dei contratti a tempo indeterminato è del 3% per i laureati di primo livello e del 3,3% per quelli di secondo. A 5 anni dalla laurea gli assunti a tempo indeterminato sono il 72,7% dei laureati di primo livello e il 52,6% di secondo.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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