Nuove tecniche di coltivazione contro i cambiamenti climatici

Valerio Pozzi
Il ministro Lollobrigida chiede alla Ue di togliere il «blocco» alle Tea
Le Tea non hanno nulla a che fare con gli Ogm: non implicano l’inserimento di Dna estraneo - © www.giornaledibrescia.it
Le Tea non hanno nulla a che fare con gli Ogm: non implicano l’inserimento di Dna estraneo - © www.giornaledibrescia.it
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«È necessario rimuovere il blocco europeo che paragona le tecniche di evoluzione assistita (Tea) agli Ogm e ne impedisce la coltivazione. In primis, nel vigneto. Le Tea, infatti, non violano la natura ma sono la sfida alla modernità per contrastare il cambiamento climatico e garantire una produzione di cibo in sicurezza».

È questa la richiesta che recentemente il Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha ribadito nei confronti di Bruxelles come misura necessaria da adottare nel contrasto ai cambiamenti climatici, visto che sarà fondamentale il contributo della ricerca scientifica. Anche perché nelle Tea non c’è inserimento estraneo alla pianta e non hanno nulla a che fare con i vecchi Ogm. Infatti - sottolinea la Coldiretti - non implicano l’inserimento di Dna estraneo alla pianta e permettono di riprodurre in maniera precisa e mirata i risultati dei meccanismi alla base dell’evoluzione biologica naturale, per rispondere alla sfida dei cambiamenti climatici, della difesa della biodiversità e di affrontare così l’obiettivo della sovranità alimentare. Il tutto attraverso il sostegno che potrà essere assicurato dalla ricerca pubblica con l’abbandono della logica del brevetto delle multinazionali delle sementi.

Sfide

Anche per Confagricoltura nel contrasto ai cambiamenti climatici sarà fondamentale per l’Unione Europea il contributo della ricerca scientifica e quindi con le Tea con cui si potranno ottenere colture più resilienti alla siccità; ma anche lavorare sul fronte delle infrastrutture, affinché queste permettano l’accumulo di acqua durante l’inverno (mentre attualmente si perde oltre il 50% della risorsa idrica trasportata). Ma più in generale il settore agricolo europeo non può fare a meno del miglioramento genetico, che ha da sempre accompagnato la sua storia mediante le tecniche tradizionali di incrocio e innovazione varietale.

Soprattutto oggi c’è bisogno di un ulteriore miglioramento per adattare le nostre colture (ad esempio per la nostra provincia si va dal mais, all’ulivo fino alla vite) a un contesto ambientale trasformato dal cambiamento climatico e minacciato da patogeni come Xylella e flavescenza dorata. La Società italiana di genetica agraria (Siga) ha deciso di chiamare Tea quelle che nel resto del mondo sono chiamate «nuove tecniche di breeding» o «nuove tecniche genomiche» e hanno come punta di diamante il sistema di editing genomico. Perché lo hanno fatto? Perché l’attributo genomico è un parente stretto dell’aggettivo genetico e rischia di evocare il fantasma degli Ogm: una parola che nel linguaggio giuridico identifica una categoria di prodotti pesantemente discriminati sul piano regolatorio e nel vocabolario comune indica una minaccia, una controversia.

L’espressione «tecniche di evoluzione assistita», invece, evoca il processo di evoluzione naturale e quindi sottolinea la somiglianza tra le mutazioni che compaiono spontaneamente ogni giorno nel Dna di tutti gli organismi viventi e le mutazioni mirate sapientemente indotte con le nuove biotecnologie. «L’Italia è il Paese con il più grande patrimonio di diversità genetica - commenta Ettore Prandini presidente di Coldiretti - e usare le biotecnologie più moderne per tutelare le varietà tipiche è una sfida che va affrontata insieme a chi fa ricerca in Italia perché i risultati non finiscano nelle mani di poche multinazionali».

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