Non lavorano e non studiano: i Neet a Brescia sono 10mila
Spesso sono una categoria meno considerata di quella dei precari e dei disoccupati, ma i Neet, i giovani che non studiano né lavorano, rappresentano un’altra faccia di un fenomeno persino più allarmante sul fronte del lavoro.
Le passate edizioni di GdB Lavoro avevano già trattato di questa fetta di popolazione completamente estranea ai radar dell’occupazione, ma i più recenti dati sulla provincia di Brescia riaccendono l’allarme. Nel Bresciano sono infatti 10mila i giovani tra i 18 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non cercano lavoro. Un dato notevole, che arriva a coprire addirittura il 14% dell’intera fascia d’età in provincia.
L’allarme sui Neet («Not in Education, Employment or Training») arriva direttamente dalla Cisl che, elaborando i dati diffusi dal Decreto del Governo del 14 gennaio scorso e di Regione Lombardia, ha scattato la fotografia della realtà occupazionale nella nostra provincia. «A livello nazionale - sottolinea il segretario generale aggiunto della Cisl di Brescia Paolo Reboni - il dato dei Neet si attesta al 28%, Brescia fa registrare un dato che è pari alla metà ma è un dato fortemente preoccupante per la nostra provincia».Dopo la Turchia (33,6%), il Montenegro (28,6%) e la Macedonia (27,6%), nel 2020 l’Italia è il Paese con il maggior tasso di Neet in Europa. I dati mostrano come il 25,1% dei giovani italiani tra i 15 e i 34 anni (1 su 4) non lavora, né studia, né è coinvolto in un percorso formativo. Osservando l’andamento dei dati degli ultimi dieci anni è poi possibile osservare che la percentuale di Neet in Italia, dopo essere cresciuta notevolmente con l’impatto della Grande recessione (arrivando a 27,4% nel 2014), non è poi tornata sui livelli precedenti e si è inoltre ampliato il divario con la media europea.
Disaggregando il dato anagrafico per classi d’età più ridotte, emerge che 1 giovane su 3 fra i 20 e i 24 anni rientra nella definizione di Neet, mentre tra i giovanissimi (15-19 anni) 1 su 10 è fuori dal mondo della scuola e del lavoro. Già lo scorso ottobre avevamo analizzato il fenomeno cristallizzando il numero choc di oltre 2 milioni di Neet sotto i 30 anni in Italia. I working poors, abitati soprattutto (ma non solo) da ragazze e ragazzi, sono invece oltre 3 milioni. E se i dati nazionali sono giù abbondantemente negativi, a guardare quelli meridionali c’è da tremare - qui il tasso di occupazione giovanile è poco oltre il 30%.
«È necessario creare nuova e buona occupazione, ma anche rilanciare tutte le agenzie educative, famiglia, scuola, istituti di formazione, per contrastare la povertà cognitiva, avviare nuovi percorsi generativi di cittadinanza attiva», aveva invece sottolineato il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra. A tal proposito l’Agenzia nazionale per i giovani è impegnata nella predisposizione di un apposito Piano nazionale pluriennale 2021-2027 sull’inclusione dei giovani.
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