Niente più mais dall'Ucraina, a rischio mangimi negli allevamenti
Gli allevamenti bresciani si trovano a fronteggiare la peggiore crisi alimentare per gli animali dalla fine del secondo conflitto mondiale. L’esplosione dei costi dei mangimi sono senza precedenti e sono dovute al blocco delle esportazioni di mais dall’Ucraina e dall’Ungheria di Victor Orban, che a sorpresa ha di fatto bloccato le spedizioni di cereali verso l’Italia. Una decisione unilaterale di Budapest che compromette il mercato unico europeo e mina le fondamenta stesse dell’Unione Europea.
Rischio concreto
Gli allevatori nelle prossime settimane «potrebbero non riuscire a garantire l’alimentazione del bestiame», avverte il presidente di Coldiretti Brescia Valter Giacomelli. Nella nostra provincia, terza a livello nazionale per Produzione Lorda Vendibile, ci sono oltre 500.000 bovini, 1.300.000 suini e 74.000 scrofe, senza dimenticare l'importante settore avicolo con polli e tacchini insieme all'allevamento di pecore e di capre.
Le testimonianze
«La situazione è veramente complicata e piena di incertezze - racconta Angelo Bettoni giovane allevatore di vacche di Torbole Casaglia - sono stato costretto a rivedere la composizione del pasto per i miei animali: ho diminuito la quantità di farina di mais, componente che acquisto, e ho aumentato la percentuale di materie prime che produco in azienda. Così facendo, per ora, riesco a mantenere la stessa resa di latte: produrre meno oggi per noi vorrebbe dire chiudere. I mangimifici non danno certezze né sul prezzo, che continua a salire, né sulle consegne».
Le aziende agricole hanno rimodulato la razione alimentare degli animali. Così ha fatto Claudio Cestana suinicoltore di Manerbio e vice presidente di Coldiretti Brescia: «Cerchiamo di ridurre le quantità delle materie prime che acquistiamo e rafforzando invece la parte di nutrimenti meno costosi, autoprodotti o più facilmente reperibili. Evitiamo che i nostri maiali vadano incontro a situazioni di stress a causa di un cambiamento nelle abitudini alimentari. Certamente non possiamo pensare di andare avanti molto così».
Sulla stessa linea Giuseppe Ruggeri produttore di latte e titolare dell'azienda agricola Malgherosse a Verolavecchia: «Ho ridotto la razione ai miei animali e non nego che potrei trovarmi costretto anche a vendere i capi. Bisogna sedersi attorno a un tavolo e trovare accordi con tutti gli attori della filiera, per arrivare a riconoscere il giusto prezzo alla stalla».
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