Nel piatto dei bresciani ci sono 70 milioni chili di carne l’anno

Da sempre il consumo di carne fa parte della tradizione alimentare bresciana ed è un fattore culturale difficilmente disarcionabile. E al di là del periodo quaresimale i bresciani rinunciano mal volentieri a mangiare carne: bistecca di bovino, salame, pollo e coniglio.
Però è successo che il consumo si sia fermato di fronte ad alcuni allarmi come quello della mucca pazza o quello più recente dell’Oms. Nel primo caso abbiamo visto nascere l’etichetta intelligente e nel secondo una riflessione sulla necessità di instaurare un rapporto con il cibo per lo meno più consapevole. Poi occorre tenere distinto che chi va in macelleria a comprare la carne è più tranquillo se non altro perché ha fiducia in chi lo sta servendo perché lo conosce e sa come si chiama.
Discorso diverso per chi fa acquisti in negozi di grandi superfici dove a volte non si può avere lo stesso contatto umano del negozio di paese. 2018 in crescita. Così nel 2018 i quantitativi acquistati di carne bovina, suina e avicola sono aumentati registrando un maggiore orientamento dei consumatori verso carni di maggior pregio e la domanda di carne si sta spostando verso prodotti allevati e macellati in Italia.
Nella nostra provincia si stima che vengono consumati all’anno circa 70 milioni di chili di carne, ben lontani da quei 200 chili pro-capite annui del consumatore medio americano. La carne, poi, viene cucinata in mille modi, mentre in altri paesi si privilegia solo il barbecue.
Gli studi. Recenti ricerche hanno testimoniato che in Italia non c’è un allarme per consumi eccesivi di carne poiché anche il dato peggiore arriva a stimare a 80 chili di carne il consumo pro-capite distanti dai danesi che sono a 109,8 chili, i portoghesi a 101, gli spagnoli a 99,5 chili, i francesi e i tedeschi a 85,8 e 86 chilogrammi. Forse l’allarme e la parziale rettifica dell’Oms sono da tenere in considerazione tanto quanto l’evidenza che subito dopo sono stati lanciati sul mercato mondiale una gamma di prodotti sofisticati derivanti da una articolazione della soia che ha portato alla vendita della carne artificiale.
Carne rossa. Per fortuna la dieta mediterranea ci può proteggere da queste distorsioni. Se ci limitiamo al consumo della carne rossa il consumo medio pro-capite da noi è stimabile sui 19 chili e per gli acquisti solo in tre casi su dieci ci si reca in macelleria: il 70% preferisce affidarsi alla grande distribuzione. Senza entrare nel campo medico e delle diete che possono essere più o meno sane, tuttavia la filiera della carne oggi è sempre più garantita e tracciata in modo trasparente. Certo, l’animale per essere mangiato va macellato, ma ormai le metodologie di allevamento e il rispetto delle norme sul benessere animale consentono di avere tempi e modalità meno cruente che si traducono in carne di maggiore qualità.
Anche l’utilizzo di farmaci è ridotto nella cura degli animali in stalla: il consumo di carne è più sicuro, tanto sono state introdotte carni di filiera «antibiotic free» o «animal walfare» garantendo standard di eccellenza produttiva ai massimi livelli.
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