Miscelatore contraffatto, la Ivar vince la causa contro i cinesi
Brescia batte Far East due a zero e questa volta in campo oltre agli avvocati è scesa anche l’intelligence privata. Dopo il successo di Hop Mobile contro un colosso della telefonia, questa volta è Ivar di Prevalle - assistita dall’avvocato professor Cesare Galli - a far valere con successo le proprie ragioni. Ivar, che da sempre è attenta a proteggere la sua innovazione, aveva prudentemente depositato un brevetto a tutela di uno dei suoi prodotti di punta, il Combimix (gruppo di miscelazione e rilancio per sistemi radianti) in Europa ed in molti altri paesi esteri tra cui la Cina.
E questo non perché il Paese del Far East costituisse un mercato particolarmente fiorente per Ivar, quanto perché l’azienda di Prevalle (il gruppo della famiglia Bertolotti, 150 milioni di ricavi, 13 filiali all’estero e 400 collaboratori) era consapevole che i cinesi avrebbero potuto copiare Combimix, impedendone così l’espansione anche in altri mercati.
Indagine. Dopo la registrazione del brevetto, e dopo aver riscontrato la presenza di prodotti contraffatti sul mercato russo, Ivar con un’attività privata di indagine internazionale ha successivamente scoperto che questi erano stati realizzati dall’azienda cinese. «A questo punto abbiamo subito suggerito - spiega il professor Cesare Galli - di colpire la società cinese alla fonte, piuttosto che disperdere energie in azioni non risolutive in Paesi come appunto la Russia. Si è così proceduto all’acquisto con atto notarizzato di un Combimix contraffatto direttamente presso la società cinese, in modo da possedere una prova, spendibile in giudizio, della commercializzazione illecita in Cina».
Secondo passo. Sempre per meglio sostenere la propria azione, e dare ad essa le massime garanzie di successo, Ivar ha quindi predisposto, insieme ad uno studio specializzato in materia di proprietà industriale con sede a Pechino, Unitalen, con cui da anni lo studio del professor Galli lavora sul mercato cinese, un’azione sostenuta anche da un parere cinese su validità e contraffazione del brevetto, in modo da rendere più agevole il compito del giudice. Sulla base di questi elementi la Corte cinese ha così accertato la contraffazione del brevetto ad opera della concorrente cinese, imponendone la cessazione, condannando la società cinese a risarcire il danno subito dall’azienda bresciana. Il danno è stato quantificato in circa 6.000 euro «certamente non cifra rilevante ai nostri occhi, ma - spiega l’avvocato- perfettamente in linea con l’esperienza giudiziaria cinese, considerando i volumi ancora non elevati che Ivar conseguiva su questo mercato: ma lo scopo era appunto quello di prevenire un’escalation che sarebbe intervenuta, se non avessimo agito con decisione».
Morale. «Da questa esperienza - conclude il professor Galli - emerge chiaramente come attraverso azioni decise e coordinate tra cliente, studio legale italiano, studio legale cinese, rivolgendosi ad esperti della materia che utilizzino al meglio gli strumenti offerti dalla legislazione locale, è possibile ad oggi far valere con successo le proprie ragioni anche in materia di brevetti davanti alle Corti cinesi».
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