Economia

Le epidemie virali costringono Copan agli straordinari

Nuovo assetto produttivo per il gruppo biomedicale dei Triva che segue un piano di sviluppo globale. Vendite già a +25%
Giorgio Triva con la zia Stefania - Foto © www.giornaledibrescia.it
Giorgio Triva con la zia Stefania - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Negli ultimi dieci anni la Copan è stata protagonista di un percorso di crescita attraverso il quale ha saputo rafforzare la sua posizione nel mercato internazionale. Oggi il gruppo bresciano del biomedicale è una multinazionale tascabile con 660 addetti in Italia e quartier generale nella zona industriale di Brescia, oltre agli avamposti a Shanghai (Cina), Murrieta (California), Aguadilla (Porto Rico) e Kobe (Giappone): luoghi scelti non accidentalmente dal management dell’azienda di via Perotti per lo sviluppo del suo business su scala globale.

Non è un caso quindi se le pesanti epidemie virali riscontrate negli ultimi anni in ogni angolo del pianeta hanno costretto la Copan agli straordinari.

«Abbiamo avuto seri problemi nell’affrontare l’improvviso aumento di volumi che il mercato ci ha richiesto a seguito di infezioni virali diffuse in diverse parti del mondo - ammette la presidente Stefania Triva nella Relazione sulla gestione allegata al bilancio 2017 -. Questo inatteso picco di richiesta - continua - ci ha ben presto portato verso un livello molto critico di saturazione della nostra capacità produttiva e, consapevoli del fatto che i nostri prodotti, se non reperibili, possono avere forti ripercussioni sulla salute pubblica, abbiamo cercato di far fronte a tale domanda. Ma tutto ciò - non nasconde l’imprenditrice bresciana - ha notevolmente ridimensionato l’efficienza sia della catena produttiva sia di quella distributiva, riflettendosi sui costi e dunque riducendo in maniera sensibile il risultato operativo».

In dieci anni, Copan è passata da un monte vendite di 33,8 milioni e un fatturato consolidato di 122,58 milioni. Solo nel 2017, peraltro, i ricavi hanno registrato una crescita del 12,43% rispetto ai dodici mesi precedenti e lo scorso maggio hanno riportato un ulteriore incremento del 25%. Il gruppo, per di più, ha avviato un’importante riorganizzazione dell’assetto produttivo legato ai dispositivi floccati (tamponi) per il prelievo e la conservazione di campioni microbiologici (ossia il core business di Copan a cui si aggiunge l’attività di automazione di laboratorio che invece rappresenta circa il 30% del volume d’affari). Tale operazione, garantiscono da via Perotti, non ha avuto contraccolpi sui livelli produttivi, anzi. Effetti negativi, al contrario, li ha procurati all’azienda bresciana il rafforzamento dell’euro sul dollaro.

«Il nostro gruppo - spiega Stefania Triva, che insieme al nipote Giorgio resta alla guida della società - ha una grossa parte del proprio fatturato denominato in valute diverse dall’euro e l’inversione del trend nei rapporti di cambio tra l’euro e le altre monete, soprattutto verso il dollaro americano ci ha fortemente penalizzato dal punto di vista finanziario, riducendo anche in questo caso la marginalità del gruppo rispetto all’anno precedente».

Nell’ultimo esercizio, la Copan ha riportato un Margine operativo lordo di 2,5 milioni che vale il 23% del fatturato (28,6% nel 2016); un risultato operativo di 22,5 milioni che corrisponde al 18% del valore delle vendite (23,5% nel 2016) e un risultato netto di 11,99 milioni contro un utile di 19,4 milioni realizzato l’anno precedente. Sotto il profilo patrimoniale e finanziario, inoltre, il gruppo vanta un Capitale netto investito di 95,3 milioni (79,6 milioni nel 2016) di cui 59 milioni riferiti alla parte immobilizzata, a fronte di investimenti tecnici per 46,2 milioni (al netto dei fondi di ammortamento). Non è finita qui: i 95,3 milioni di Capitale investito netto risultano totalmente finanziati da Copan con mezzi propri. Sempre in tema di investimenti, infine, anche nel 2017 la famiglia Triva ha sostenuto una notevole attività di ricerca e sviluppo, tra cui spicca la messa a punto da parte della controllata Newlab Engineering di «MilkyWay», un’attrezzatura che permette di automatizzare completamente l’esame microbiologico di campioni di prodotti lattiero-caseari liquidi e semi solidi.

 

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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