«L’auto elettrica non è la strada per abbattere l’inquinamento»
L’auto elettrica non è l’unica strada verso un futuro sostenibile e meno inquinante. La decisione dell’Ue sullo stop alle auto a benzina e diesel nel 2035 è particolarmente «drastica e stringente», in quanto, «limita la transizione alla motorizzazione elettrica». Invece, «ci sono altri tipi di motorizzazione che possono favorire il passaggio ad un’auto più green».
Per cui «ci auguriamo» che sia «mitigata» dal punto di confronto previsto nel 2026, quando la Commissione valuterà la possibilità di intervenire su motori ibridi o che utilizzano gli ecocarburanti.
Lo studio
È questa la posizione degli imprenditori del settore automotive emersa durante l’incontro organizzato da Intesa Sanpaolo a Milano che ha chiamato a raccolta istituzioni, associazioni, imprese e finanza per tracciare un quadro sulle tendenze in atto nel settore e sulle strategie future.
Quasi nove imprese su dieci considerano un’opportunità la transizione tecnologica e sostenibile che però deve essere affrontata con «rilevanti investimenti in ricerca e sviluppo», rileva un’indagine della banca condotta su 126 imprese della filiera con un fatturato complessivo di 15 miliardi. Si tratta di imprese che mostrano una buona diversificazione produttiva e un’elevata propensione a innovare.
La filiera rimane però «estremamente frammentata», in quanto, è composta prevalentemente da Pmi (quasi il 90%), avverte Mauro Micillo, chief della divisione Imi Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo, evidenziando la strategicità del comparto, che vale l’8% del Pil dell’Unione Europea e occupa il 6,6% della forza lavoro del Vecchio Contintente. Per cui, è fondamentale «continuare a investire». Nuovi modelli di business.
Tra i relatori dell’incontro di ieri anche l’imprenditore bresciano Marco Bonometti, presidente del gruppo Omr nonché membro del consiglio generale di Confindustria, che ha ricordato come «la decisione di mettere al bando i motori endotermici dal 2035 sia una scelta sbagliata e che si ripercuoterà negativamente su tutta l’industria europea: distruggerà posti di lavoro e molte aziende saranno destinate a chiudere».
Bonometti chiede più tempo per attuare la transizione per permettere alle aziende di ridisegnarsi e rinventarsi. «Oggi le cose sono profondamente cambiate rispetto a quando è stato pensato il green deal - afferma- . Oggi non abbiamo abbastanza energia per far girare le fabbriche, immaginate nel 2030 come faremo ad alimentare le batterie con la promessa dell’Europa di energia pulita».
Per Bonometti tutte le trazioni devono avere pari dignità se si raggiunge l’obiettivo delle emissioni di CO2. «Come industriali siamo sempre stati favorevoli alla decarbonizzazione e alla difesa dell’ambiente, ma con la transizione all’elettrico rischiamo che l’unica cosa che sarà penalizzata sarà proprio l’ambiente». Le risorse. Le aziende vanno accompagnate in questo percorso, e ci sono «circa 400 imprese che dovranno cambiare mestiere», afferma il viceministro dello Sviluppo Economico, Gilberto Pichetto Fratin, avvertendo che gli 8,7 miliardi stanziati fino al 2030 per l’ecobonus auto «non sono complessivamente sufficienti».
Le risorse dovranno essere utilizzate in un «puzzle che preveda cassa integrazione per la transizione, formazione, alta specializzazione e tecnologia». Perché l’Italia è il Paese della componentistica e ci sono 70-80mila posti a rischio.
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