Economia

La storia segreta dell'iPhone, dieci anni dopo

Il 29 giugno 2007 arrivava nei negozi il primo iPhone. Un articolo del New York Times e un libro ne svelano i retroscena
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Il 29 giugno 2007 arrivava nei negozi il primo iPhone e, come aveva predetto Steve Jobs durante il lancio a gennaio di quell'anno, con il modello Edge Apple avrebbe reinventato completamente il nostro modo di intendere e usare il telefono.

Mentre in tutto il mondo ci si appresta a celebrare il decennale di questa rivoluzione hi-tech, un giornalista del New York Times di nome Lev Grossman una settimana fa ha scritto un pezzo dedicato alla storia della nascita dell'iPhone. «È importante - scrive Grossman -, perché insieme all'essere resistente all'acqua o alla polvere, l'iPhone è anche resistente alla storia». 

Cosa significa? L'iPhone vive in mezzo a tutti noi da dieci anni, ma la sua superficie nera luccicante non ci dà indizi su come sia stato fatto, né da chi, né quando. Questo, per Grossman, è un effetto non solo del design specifico dell'iPhone ma «della strana cultura di riverenza e segretezza che Apple ha creato attorno ai suoi prodotti».
 
I livelli di segretezza sono così alti che perfino all'interno dell'azienda di Cupertino ci si riferiva al progetto iPhone con un nome in codice: Purple, viola. Nessuno sembra ricordarsi perché fosse chiamato così: forse per via di un pupazzo di un canguro viola che apparteneva a uno degli ingegneri.

Comunque sia, Purple era così segreto che quasi nessuno dentro la Apple ne era a conoscenza. I lavori si svolgevano in un laboratorio blindato, cui si aveva accesso tramite appositi badge e una porta metallica. 

«Il laboratorio divenne noto come il Purple Dorm - prosegue Grossman -, perché le persone lavoravano lì tutto il giorno, durante i weekend, le vacanze, le lune di miele. Mangiavano lì. Dormivano lì. Puzzava». 

Insomma quello che sarebbe emerso come la favolosa quintessenza della collaborazione tra il co-fondatore della Apple, Steve Jobs, e il mago del design, Jony Ive, fu un vero incubo di lavoro senza limiti e di sfida contro il tempo: deadline impossibili per una missione impossibile affidata a persone super «smart».

Negli Stati Uniti è uscito otto giorni fa un libro intitolato «The One Device: The Secret History of the iPhone». L'autore si chiama Brian Merchant ed è editor della sezione scienza e tecnologia di Vice. Nel volume Merchant scava nella storia del telefono che un anno fa ha raggiunto quota un miliardo nelle vendite e ne ricostruisce una serie di dettagli e aneddoti sconosciuti.

In anteprima, il Guardian ha pubblicato un estratto in cui l'autore racconta di come sia riuscito a intrufolarsi di nascosto all'interno dello stabilimento blindato di Longhua, distretto di Shenzhen in Cina. È il posto dove vengono materialmente assemblati gli iPhone e dove, nel 2010, i lavoratori hanno cominciato a suicidarsi. 

Foxconn City è un complesso industriale che conta 450mila assunti che lavorano per Apple (Foxconn è il più grande datore di lavoro cinese, terzo al mondo dopo McDonald's e Walmart, con 1 milione e 300mila dipendenti). Il retro di ogni iPhone segnala l'esistenza di questa trafila manifatturiera: «Designed by Apple in California Assembled in China».

Il luogo è blindatissimo: Merchant racconta che a ogni entrata ci sono guardie di sicurezza, gli impiegati non possono entrare senza passare un badge; i camion che consegnano materiali sono soggetti alla scansione delle impronte digitali. 

Una volta un giornalista della Reuters è perfino stato trascinato fuori dalla sua macchina e picchiato per aver scattato delle foto dal di fuori del muro della fabbrica. «Ci sono fabbriche dappertutto - scrive Merchant -, un milione di pezzi elettronici vengono assemblati in identiche e scialbe strutture monolitiche».

Nel 2010 dei lavoratori di Longhua si sono buttati dal tetto degli edifici in segno di protesta per le condizioni di lavoro insopportabili. Quell'anno i tentativi di suicidio sono stati 18, 14 le morti accertate. Da quanto riporta Merchant nel suo libro, quando a Steve Jobs furono chieste spiegazioni in proposito, il co-founder di Apple avrebbe risposto: «We're all over it», lo abbiamo superato, aggiungendo che il numero di suicidi rientrava nella media nazionale. 

«Non è un bel posto per esseri umani», ha detto un giovane cinese a Merchant fuori dalla fabbrica. I motivi sono molti: lo stress, le 12 ore di lavoro non stop, lo sfruttamento, i disastri ambientali, la crudeltà dei manager e le pratiche sistematiche di pubblica umiliazione. «Quando il boss viene a controllare il lavoro, se trova un problema, non ti rimprovera subito - continua il lavoratore -. Aspetta di rimproverarti di fronte a tutti, durante un'assemblea». 

In alcuni casi, dice Merchant, l'impiegato deve preparare una scusa formale, una lettera da leggere di fronte a tutti: «Non commetterò questo errore di nuovo». Merchant precisa che le dichiarazioni raccolte non hanno la pretesa di esaurire la situazione all'interno delle industrie Apple. Il suo è uno sguardo, per forza parziale, ma sufficiente per farsi un'idea.

Nel 2012 si è verificato un altro episodio sconcertante a Longhua: 150 lavoratori si sono riuniti sul tetto e hanno minacciato di saltare giù. L'anno scorso la protesta si è ripetuta, anche se con meno persone. Il fenomeno dei suicidi continua, ma è stato normalizzato: Merchant scrive di aver visto reti salvagente circondare gli edifici dei dormitori, ma nessuno ci fa più caso e comunque non sono sufficienti a impedire a qualcuno di morire. 

Fuori dai palazzoni grigi e dall'atmosfera claustrofobica da romanzo distopico di Foxconn City, i segreti di Apple continuano a essere molti. «L'iPhone sa tutto di noi, ma noi sappiamo molto poco di lui», commenta Lev Grossman. E fa un altro esempio: il multitouch, la tecnologia che permette al touch screen dell'iPhone di trattenere la traccia di più impronte digitali in contemporanea - come quando si fa lo zoom, per intenderci. 

Jobs aveva sempre sostenuto che il multitouch fosse un'invenzione di Apple. Non lo era. Merchant dimostra che, dopo essere stato inventato varie volte (negli anni '60 all'England's Royal Radar Establishment e negli anni Settanta CERN), lo specifico multitouch dell'iPhone proviene da un illustre, ma sconosciuto ingegnere americano di nome Wayne Westerman. Apple acquistò la Westerman's company nel 2005 e «il resto scomparve dietro la Cortina di Titanio della Apple». Eccetto la sorella di Westerman, intervistata dall'accorto Merchant.

In totale, Apple ha venduto 1,2 miliardi di iPhone e oggi vale oltre 800 miliardi di dollari, otto volte più del 2007. A settembre arriverà l'iPhone 8, in cui sono attese novità legata all'intelligenza artificiale. Così, fra le quote in borsa e il commento di quel dipendente cinese che diceva: «Non è un bel posto per esseri umani», ci apprestiamo a sorpassare i primi dieci anni di questa rivoluzione permanente. Racchiusa in un enigmatico schermo. 

 

 

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