La produzione di pesche italiane non va affatto bene
Il consumo di pesche e nettarine è concentrato nei mesi estivi ma, nonostante ciò, si posizionano dopo mele e banane negli acquisti annui di frutta tanto che ne rappresentano il 12%. Per la raccolta 2020 i dati elaborati da Ismea indicano una flessione del 28% ma il prodotto sarà di ottima qualità. La campagna produttiva italiana di pesche e nettarine sarà ricordata come una delle più scarse di sempre. Per trovare un quantitativo analogo bisogna infatti tornare indietro di ben 25 anni. Ma anche l’offerta in Europa, si è ridotta quest’anno del 17%, ed è ai minimi storici.
Sul calo dei raccolti, sottolinea l’Ismea nel Report Tendenze Frutta fresca, hanno inciso sia la riduzione delle superfici investite sia l’andamento climatico sfavorevole a causa di un inverno mite e seguito da gelate tardive di marzo e aprile. Le difficoltà del comparto peschicolo nazionale risiedono in gran parte nella propria struttura e nella concorrenza con il prodotto europeo e in modo particolare con quello spagnolo.
L’eccessiva frammentazione della produzione agricola italiana determina una minore redditività rispetto ai nostri diretti competitor spagnoli. I produttori spagnoli, inoltre, possono far leva sulla precocità dei loro raccolti che gli consente di aggredire i mercati europei già a partire dal mese di aprile. Di contro, l’Italia vanta un’eccellente offerta di prodotto a maturazione tardiva, con raccolta compresa tra fine agosto e ottobre, che riesce a spuntare ottime quotazioni soprattutto in concomitanza di autunni caratterizzati da temperature elevate, ma che trova scarso interesse sui mercati esteri.
Nella nostra provincia la produzione di pesche («i pèrsech») e nettarine è storica, ma è marginale in termini valore rispetto ad altre coltivazioni ma, come nel caso di Collebeato, fanno parte della storia della produzione ortofrutticola provinciale, una volta molto diffusa.
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