Economia

La parabola triste del muratore

Una volta era un mestiere molto ricercato, adesso i ragazzi non sentono più il richiamo del cantiere
I ferri del mestiere del muratore - © www.giornaledibrescia.it
I ferri del mestiere del muratore - © www.giornaledibrescia.it
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La storia è piuttosto nota. Un giorno l’imperatore di Germania si ferma in una città e visita il cantiere della cattedrale in costruzione e si interessa ai vari lavori. Chiede informazioni ai falegnami, si interessa a chi stende i primi colori, incoraggia chi lavora il ferro. Poi arriva al muratore e pure a lui chiede cosa fa mentre impasta la malta: «Io - maestà - costruisco cattedrali».

Ce la raccontiamo questa storia un po’ per incoraggiarci e un po’ per consolarci nel vedere il deserto che si sta creando attorno alle cattedrali: nessuno più vuole impastare malta, nessuno più vuole costruire futuro. Era un mestiere nobile, il muratore. Ricercato, faticoso ma anche di soddisfazioni. Era difficile diventare muratore, un muratore finito come si diceva, capace di fare tante cose. Oggi è certamente più facile e decisamente meno faticoso.

Sul cantiere la cazzuola serve sempre, ma c’è anche il tablet. Eppure... eppure sono ormai pochi, pochissimi, i ragazzi che sentono il richiamo del cantiere. Mea culpa mea culpa mea maxima culpa, dovrebbero recitare per prime molte imprese vere o presunte che han portato nel fango uno fra i mestieri più belli del mondo. Ma bisogna ripartire, bisogna immaginare cosa fare oggi e domani per riavere dei giovani sui cantieri. Servirà un po’ di sostanza (soldi, benefit, sicurezza) ma ho l’impressione serva forse soprattutto una potente iniziativa di marketing, qualcosa che possa raccontare il bello del cantiere, dello stare all’aperto, del dover risolvere problemi, del costruire il sogno di una casa.

Serve qualcosa che sappia far ritrovare l’orgoglio di chi sa maneggiare bolla e cazzuola. Forse la vedo un po’ troppo semplice. Ma penso all’immagine che, fino a trent’anni fa più o meno, avevano i cuochi. Ve li ricordate? Certo tutti riconoscevamo che era un mestiere utile, d’accordo. Ma quanto sex appeal avevano i cuochi? Bianchicci, con grembiali così-così, quei cappelli in testa sempre mosci, che se ne stavano là, in fondo al ristorante e da là mai uscivano.

Guardate adesso l’immagine che ha il cuoco. Non ci fosse stato il Covid continuerebbe a dominare l’immaginario di tanti ragazzi perso a favore di medici e infermieri. Sì, lo so che non basta immaginare un Masterchef per muratori sperando in folle di apprendisti. Ma insomma, serve una cosa così, o magari qualcosa d’altro ma che possa iniziare a far rifiorire l’orgoglio di un mestiere in qualcuno che voglia "costruire cattedrali".

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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