La carica delle 1.000 Pmi bresciane che battono ogni record di crescita
La provincia di Brescia vanta un numero significativo di piccole e medie imprese che sanno distinguersi sui mercati internazionali sia per la loro capacità produttiva sia per la loro crescita nel tempo. «Sono "piccole" realtà che contribuiscono in misura determinante al successo economico del nostro territorio», conviene il prof. Claudio Teodori dell’Università degli Studi di Brescia, che in collaborazione con il Giornale di Brescia, ha esaminato i bilanci del quinquennio 2018-22 di mille Pmi bresciane protagoniste di un percorso di sviluppo notevole.
I numeri
Il fatturato complessivo prodotto nel 2022 da queste fatidiche 1.000 Pmi è di 8,6 miliardi di euro e segna una crescita del 14,5% sul 2021: negli ultimi cinque anni, inoltre, la crescita annua media (Cagr) dei ricavi è del 9,1% e si sviluppa in modo progressivo, con l’unica eccezione nel 2020 (esercizio pesantemente segnato dall’esplosione della pandemia da Covid). «Guardando più in dettaglio l’espansione del fatturato – sottolinea Teodori –, il 16,6% delle aziende possiede tassi medi annui superiori al 20% e il 27,8% compresi tra 10% e 20%». Si contano addirittura 18 realtà che nell’ultimo lustro sono cresciute in media almeno di 52 punti percentuali l’anno. Questi risultati sono un condensato di storia e lungimiranza, di lavoro e innovazione espressi da tanti imprenditori bresciani.
L’incontro
Le potenzialità e le sfide che caratterizzeranno il futuro delle Pmi bresciani verranno discussi oggi alle 10.30 nella sala Faissola di Intesa Sanpaolo (piazza monsignor Almici, a Brescia, si potrà seguire in streaming anche sul nostro sito), in concomitanza con la presentazione dell’analisi realizzata da Università di Brescia e Giornale di Brescia. All’incontro interverranno l’amministratrice delegata di Elite, Marta Testi; il Ceo di Borsa Italiana, Fabrizio Testa; il direttore regionale Lombardia Sud di Intesa Sanpaolo, Marco Franco Nava e il presidente di Cassa depositi e prestiti, Giovanni Gorno Tempini.
L’analisi e i numeri presentati saranno poi disponibili a tutti dal 27 marzo nell’inserto «Le piccole che fanno grande Brescia», in edicola in formato cartaceo e online sul portale bilanci.giornaledibrescia.it.
Il punto
«Il tema della dimensione, molto discusso, apre più scenari, tutti di particolare rilievo – aggiunge il prof. Teodori –. Va premesso che in Italia c’è un significativo sbilancio verso il capitale di debito mentre ancora limitato è il ricorso alla Borsa, al private equity o al venture capital, anche se in questi ultimi anni si vede un certo progresso. L’assenza o la non adeguatezza di risorse finanziarie rappresenta un vincolo allo sviluppo ed è quindi necessario fare ricorso a un mix di strumenti. I fondi sono un volano per questo e agevolano maggiormente l’acquisizione di altre imprese, attraverso percorsi di managerializzazione e di supporto strategico. In modo analogo la quotazione che, similarmente ai precedenti, richiede interventi organizzativi e gestionali rilevanti».
Negli ultimi quindici anni, tutto sommato, le imprese italiane hanno compiuto un importante percorso di sviluppo, grazie anche alla diffusione di attività sempre più innovative. Ma nello stesso arco temporale, come conferma uno studio realizzato dalla Siepi (Società italiana di economia e politica industriale), la capacità produttiva dell’Italia è diminuita del 42%. Un ulteriore ridimensionamento del nostro sistema industriale in termini di potenzialità, impianti e infrastrutture rischia di diventare un vincolo molto (troppo) pesante anche per le quelle piccole e medie imprese bresciane che ancora oggi, nonostante tutto, rappresentano l’élite della manifattura europea.
«Le nostre Pmi devono crescere, con equilibrio e pazienza – chiude Teodori –. Servono progetti strategici ben strutturati, con un occhio alla continuità generazionale e alla governance».
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