L'80% delle aziende bresciane è di famiglia: «Un terzo è guidato da over 70»
Che le aziende familiari costituiscano una caratteristica peculiare dell’economia italiana è notizia risaputa, ma che la industriosa provincia di Brescia sia popolata quasi solo da aziende a conduzione familiare è un dato che merita particolare attenzione.
A metterlo in evidenza è uno studio dell’Osservatorio Aub, realizzato dall’Università Bocconi di Milano in partnership con Aidaf, Unicredit, Borsa Italiana, EY, Fondazione Angelini e Ccmbl. Dall’indagine emerge come oltre l’80% delle aziende bresciane è guidata da una proprietà famigliare, dato più alto rispetto al campione lombardo (58%) e italiano (65%). «Questi dati sono lo specchio di una provincia laboriosa ed imprenditoriale, ma sottolineano anche punti di estrema attenzione per il futuro», ci spiega Mauro Iacobuzio, head of sales di Elite, ecosistema di Euronext che aiuta le pmi a crescere e ad accedere ai mercati dei capitali.
A cosa devono stare attente le nostre piccole imprese bresciane?
«In questi anni le performance finanziarie delle aziende famigliari bresciane sono state estremamente positive rispetto realtà comparabili lombarde e italiani, soprattutto in termini di redditività con un Roi del 9,5% nel 2021 e strutturalmente al di sopra dei comparable italiani e lombardi».
E allora di cosa ci dobbiamo preoccupare?
«I dati commentati evidenziano una struttura della governance ancora molto legata alla conduzione famigliare. Un dato su tutti: oltre il 34% delle aziende famigliari bresciane sono guidate da leader over 70 e solo il 10% circa è guidata da leader “giovani” under 50. Dati che mostrano certamente una sana continuità gestionale, ma a cui sembra sempre più necessario affiancare voci complementari e magari di generazioni successive».
Il ricambio generazionale rappresenta una preoccupazione per le aziende?
«Non per tutte. Ma molte aziende nate durante il boom economico degli anni cinquanta e sessanta, oggi cominciano a interrogarsi su quale sia il modo migliore per passare il testimone. Dalla ricerca su questo aspetto emergono alcuni dati potenzialmente allarmanti, poiché la rappresentanza nei CdA di consiglieri “giovani”, quindi under 40, magari titolati un giorno a sostituire gli attuali leader d’azienda, è totalmente inesistente nel 70% dei casi».
C’è solo un problema di età o anche di genere?
«Più in generale è evidente come anche a Brescia la diversità di tutti i tipi, dal genere, all’età e all’esperienza manageriale, non è ancora un valore fondante delle aziende famigliari. Ad esempio, in riferimento a quest’ultime, quasi un azienda su due non ha alcuna rappresentanza femminile nel Consiglio di Amministrazione, dato purtroppo in linea col più ampio campione lombardo e italiano delle aziende famigliari».
Un sistema economico solido ed estremamente performante, ma che deve guardare al futuro. Come prepararsi?
«Se guardiamo al tessuto produttivo bresciano, emergono due aspetti importanti dall’Osservatorio Aub. Da un lato, le aziende familiari – a vocazione prevalentemente manifatturiera - hanno registrato un “rimbalzo” nella crescita dei ricavi superiore alla media nazionale, mostrando al contempo una solidità finanziaria più elevata rispetto ai valori pre-pandemia. Dall’altro, hanno lavorato nell’ultimo decennio sulle strutture di governance, andando verso modelli di leadership più strutturati. Ora hanno davanti a sé una sfida importante: accelerare il coinvolgimento delle nuove generazioni, come emerge dalla elevata incidenza di leader ultra-settantenni al vertice».
Quale strada intraprendere. Un suggerimento?
«È indispensabile muoversi per tempo, specialmente in un contesto competitivo divenuto così complesso dopo la pandemia. I rischi e le sfide sono notevolmente aumentati. Il programma Elite di Borsa Italiana è un esempio: è un acceleratore della crescita, punto di riferimento anche per le aziende famigliari, supportando i futuri manager e capi d’azienda nella gestione ottimale del delicato passaggio generazionale e nella crescita di lungo periodo».
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