Economia

Istat: più occupati, ma cresce la disoccupazione tra i giovani

Questo il saldo provvisorio a settembre 2021. Secondo la Cgil però aumentano i lavoratori precari e i part-time involontari
Un ragazzo guarda gli annunci di lavoro - Foto © www.giornaledibrescia.it
Un ragazzo guarda gli annunci di lavoro - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Cresce il numero dei lavoratori nell’ultimo trimestre. Rispetto a gennaio 2021 a settembre si registra un saldo positivo di poco più di 500mila occupati, dovuto esclusivamente alla ripresa del lavoro dipendente che cresce di circa 520mila unità. Lo sottolinea l'Istat nel commento ai dati provvisori su occupati e disoccupati.  In questo momento quindi il tasso di occupazione è più alto di 1,5 punti percentuali. 

Non si torna però ancora ai livelli pre pandemia (febbraio 2020): il numero di occupati attuale è inferiore di oltre 300 mila unità, il tasso di occupazione e quello di disoccupazione sono più bassi rispettivamente di 0,4 e 0,6 punti, mentre il tasso di inattività è superiore di 0,9 punti.

Diminuiscono le persone in cerca di lavoro (-1,2%, pari a -28mila unità rispetto ad agosto), soprattutto tra gli uomini e tra chi ha più di 24 anni. Scende anche il tasso di disoccupazione in generale al 9,2% (-0,1 punti), che però aumenta di nuovo tra i giovani fino al 29,8% (+1,8 punti). La diminuzione del numero di inattivi tra i 15 e i 64 anni, osservata a settembre rispetto al mese di agosto (-0,3%, pari a -46mila unità), coinvolge solamente le donne, i 25-34enni e i maggiori di 50 anni. Il tasso di inattività scende al 35,7% (-0,1 punti). 

Il lavoro precario

Secondo la Fondazione Di Vittorio della Cgil, però, continuano a crescere i lavoratori poveri, per lo più giovani, precari e part-time. L’ente stima 5 milioni di persone con una busta paga che nel 2019 viaggiava dai 5.600 euro ai 9.800 euro lordi l'anno. La stima è che nel 2020 il salario medio di un dipendente a tempo pieno in Italia è diminuito del 5,8% rispetto al 2019, con una perdita in termini assoluti di 1.724 euro nell'anno. Si tratta del calo più ampio nell'Ue (-1,2% in media) e nell'Eurozona (-1,6%) che mette il Paese in coda rispetto alle altre grandi economie, nell'ordine Spagna, Francia, Belgio, Germania e Paesi Bassi. Il ricorso alla cassa integrazione e ai Fondi di solidarietà ha tuttavia più che dimezzato la riduzione del salario medio annuo che così integrata si è fermata a 726 euro in meno (-2,4%), restando comunque sotto la soglia dei 30 mila euro lordi l'anno (a 27.900 euro). 

Oggi, secondo i dati Fdv, ci sono circa 3 milioni di precari con contratti di lavoro a tempo determinato e 2,7 milioni di part-time involontari, ovvero coloro che lavorano a tempo parziale non per scelta ma perché costretti dalla mancanza di alternative, che si aggiungono ai 2,3 milioni di disoccupati ufficiali. Il salario dei part-time italiani, emerge ancora dal rapporto, è più basso dei colleghi nella media dell'Eurozona di oltre il 10%. Così come la percentuale di part-time involontario in Italia risulta la più alta a livello europeo: nel 2020 arriva a segnare il 66,2% sul totale degli occupati a tempo parziale (circa 4,2 milioni), contro il 24,7% dell'Eurozona. In questo modo, il tasso di disoccupazione «sostanziale» calcolato dalla Fondazione nel 2020 si conferma pari al 14,5% rispetto al 9,2% ufficiale e comprende quasi 4 milioni di persone, un numero che ai 2,3 milioni di disoccupati aggiunge coloro che sarebbero disponibili a lavorare ma non cercano un posto perché sono scoraggiati, bloccati per la cura di figli o anziani o sono sospesi, in attesa di riprendere l'attività. 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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