Economia

Inchiesta sul lavoro, i vostri messaggi: «Va adeguata l'offerta al mondo che cambia»

Sui social e via mail sono arrivati centinaia di messaggi di questo tenore. Ne riportiamo qui una selezione, continuate a scriverci
Flessione del mondo del lavoro bresciano - © www.giornaledibrescia.it
Flessione del mondo del lavoro bresciano - © www.giornaledibrescia.it
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Da quando abbiamo lanciato quest’inchiesta sul lavoro a puntate, siamo stati sommersi di messaggi sui social e lettere via email. Qui ne riportiamo una selezione, ma vi incoraggiamo a continuare a dialogare con noi (sui nostri canali social o scrivendoci a gdbweb@giornaledibrescia.it) perché l’inchiesta continua.

Perché è evidente che abbiamo colto nel vivo un problema sentito da lettrici e lettori. «Non possiamo pensare che Brescia sia per sempre capitale italiana della meccanica, il mondo cambia, cambiano le opportunità e anche il costo della vita, trovare giovani interessati a fare 40 ore (e anche più) dentro a un capannone non climatizzato, in piedi e pranzando con un panino portato da casa, non è esattamente una prospettiva così allettante. Bisognerebbe cercare di valorizzare i giovani che nella meccanica credono ancora, a lungo andare saranno merce sempre più rara» (Alberto Cosi, addetto controllo qualità).

«Vogliamo parlare di tutte le volte che gli "imprenditori» cercano lavoratori come stagisti/ tirocinanti per pagare meno del meno? È un fenomeno dilagante» (Vanessa Urban, merchandiser).

«La crisi di manodopera qualificata dura da parecchi anni. All’epoca si diceva che gli immigrati avrebbero colmato i posti vuoti, ma non sembra sia proprio andata così. Il settore non è attrattivo da tempo, vuoi per l’insistenza socio-culturale sul "terziario" come settore più interessante per le nuove generazioni, vuoi per le delocalizzazioni all’estero che hanno depresso tante categorie, e l’atteggiamento dilagante "prendo il giovane così lo pago poco" non è certo una bella operazione promozionale» (Francesco Giovanni Piazza, analista programmatore).

«Qua purtroppo viviamo in una società lavorativa in cui gli anziani bullizzano i giovani lavoratori, che però non hanno colpa se non hanno esperienza. Bisogna saper far amare il lavoro alle persone, invogliarle, ricompensare il loro impegno, che abbiano 18 anni o 40 non fa differenza, perché un collaboratore felice e appagato darà sempre il 150% per rispetto e stima verso il proprio lavoro e l’azienda» (Nicholas Crestani, saldatore).

«Credo che a molti imprenditori faccia più comodo raccontare la favola che i giovani non hanno voglia di lavorare quando la realtà è che non sanno fare gli imprenditori. Perché se non trovi nessuno che vuole lavorare con te da imprenditore dovresti farti molte domande» (Denis Murano, risorse umane).

«Fate una piccola indagine su chi, laureato, insegna in una università privata. Parliamo di donne e uomini anche loro sposati con famiglia e figli. Contratti dove pagano solo le ore di lavoro. Hanno la possibilità di licenziare e riassumere ogni fine anno di scuola. Non sai mai se ti riassumeranno. Quanto è stressante pensare al proprio futuro in questi termini» (Luciano Quaresmini, imprenditore).

«Il mio compagno ha perso il lavoro di saldatore con la crisi scoppiata nel 2008. Da allora un posto di lavoro degno di tale nome non l’ha più avuto. Aveva 51 anni e quando si presentava ai colloqui guardavano la carta d’identità e veniva subito scartato per l’età. Ci siamo barcamenati con lavoretti da una o due settimane in nero e il mio lavoro, che per fortuna ho mantenuto. Non cerca più nulla, non vale la pena subire ulteriori umiliazioni. Ci trasferiremo in uno di quei Paesi dove passare gli ultimi anni dignitosamente» (una lettrice di Bagnolo Mella).

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«Preferirei trovare un lavoro piuttosto del reddito di cittadinanza, ma finita la pandemia sono rimasta vedova e non potendo affrontare un lavoro autonomo a 60 anni ho iniziato a cercare nell’ambito della ristorazione, anche pulizie o lavapiatti, non avrei mai pensato fosse così difficile. Chissà quante persone come me sono tristi e con il morale a terra per questo motivo» (Luigina Abbiati).

«Bisogna considerare anche l’invecchiamento della popolazione e la denatalità quando si parla di mancanza di lavoratori. Dal 2000 nascono meno di 500 mila giovani e l’emigrazione è stabile sopra i 70 mila giovani, serve una politica di accoglienza di immigrati preparati, non sono utili solo le circa 400 mila badanti, serviranno oltre 200 mila persone l’anno» (Vincenzo Coviello, system administrator).

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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