Economia

«In 3 anni investiremo 22 milioni»

Così Giancarlo Dallera ed Ermanno Pedrini della Cromodora di Ghedi. In Rep. Ceca si amplierà lo stabilimento
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Lo aveva annunciato nei giorni scorsi, con qualche appendice di polemiche sulla difficoltà del continuare a fare industria in Italia. Martedì la conferma e qualche dettaglio in più. La Cromodora di Ghedi del presidente di Aib, Giancarlo Dallera, e del socio Ermanno Pedrini partirà a giugno per ampliare la controllata nella Repubblica Ceca: da 27 mila metri quadri coperti si arriverà a 45 mila. E non è detto che ci si fermi lì.

In tre anni - da quest'anno a fine 2015 - la Cromodora investirà complessivamente 22 milioni di euro: 16 in Cekia, per l'appunto, il resto in Italia: «Qui continueremo ad investire in ricerca, a sperimentare nuovi materiali per ridurre i pesi dei cerchi in lega», produzione da sempre di Cromodora, oggi rimasta in Italia (a proposito di quanto si diceva sopra) uno dei sei gruppi del settore (quando una quindicina d'anni fa erano una ventina) ed unico gruppo rimasto a controllo italiano.

L'annuncio dell'investimento va letto come il più generale segnale che l'industria dell'auto europea vede il giro di boa. Il 2013 seguiterà ad essere magro, in particolare in Italia, dove si prevede di vendere 1 milione secco di auto in meno rispetto al 2007, ultimo anno prima della grande crisi.

Ma del mercato nazionale, Cromodora è poco o nulla toccata. Il 99% dei 145 milioni di fatturato consolidato (Ghedi più Cekia) è esportato, Germania in primis. Audi, Porsche, Vw, Bmw, Mercedes, Land Rover, Jaguar sono i clienti: come a dire il meglio del mercato mondiale, «anche se - ricordano Dallera e Pedrini - anche il mercato dell'auto in Germania sente segnali di rallentamento».

Ma questo è il mondo: in Europa si soffre, ma il mondo crescerà del 3-4%. E questo fa forte la Germania: che esporta molto in aree dove si cresce molto. E quindi si investe, con tutta evidenza, perchè ci sono ordini. E ci sono ordini perchè i big dell'auto pensano ad una ripresa del mercato.

In Cekia si toccheranno i 2,2 milioni di cerchi l'anno, a Ghedi 1,3 milioni, «anche se il fatturato si equivarrà - dicono Dallera e Pedrini - per la diversa tipologia di prodotto», segno evidente che in Italia restano le produzioni più qualificate. In equilibrio saranno anche i dipendenti a fine piano: 300 per ognuna delle sedi produttive.
Ed è in vista della prossima ripresa che si investe, forti di bilanci che alimentano le possibilità dell'azienda di sostenere un simile piano di investimenti e senza scordare - sottolinea Dallera - che dei 16 milioni investiti in Cekia una decina sono per impianti italiani che andranno installati lassù.

I conti 2012, sintetizzati ieri nella sede dell'azienda a Ghedi, indicano un aumento a 145 milioni del fatturato (85 realizzati a Ghedi) parallelo ad un aumento delle ruote vendute. Migliorano i principali indicatori economici: il margine operativo cresce a 16,8 milioni (è l'11,6% del fatturato), sale a 6,7 milioni l'utile, cala in assoluto e in percentuale sul fatturato l'incidenza degli oneri finanziari. Per dirla in breve: non è stato un anno da dimenticare. Anche se non sembra esserci gran che da festeggiare. Resta il cruccio - forte - di vedere un Paese allo sbando, incapace di darsi regole e porsi obiettivi comuni e di coagulare risorse. Di fare sistema, come i tedeschi insegnano.

Gianni Bonfadini

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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