Economia

Il presidente di Duferco e Federacciai: «Per la siderurgia sarà un 2023 di ripartenza»

Antonio Gozzi: «Il forte calo del 2022 è imputabile all’ex Ilva»
Nell’ultimo anno, il comparto europeo della siderurgia ha subito un calo della produzione del 20%
Nell’ultimo anno, il comparto europeo della siderurgia ha subito un calo della produzione del 20%
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Con un 2022 in forte rallentamento - in Italia si sono prodotte 21,6 milioni di tonnellate di acciaio, in calo dell’11,5% sul 2021 - la siderurgia bresciana e italiana ha di fronte a sé un 2023 di ripartenza, «blanda - secondo gli esperti - ma pur sempre di ripartenza». A prevederlo, dopo aver premesso che lui è un «ottimista», è stato il presidente di Federacciai e di Duferco Italia Holding, Antonio Gozzi, ospite ieri mattina dello webinar «Mercato e dintorni» di Siderweb, l’evento online che ogni mese analizza la congiuntura siderurgica.

Per Gozzi, imprenditore genovese proprietario di un laminatoio anche a San Zeno Naviglio, «c’è la guerra e le previsioni sono difficili» però «il trend inflazionistico è in calo, la produzione manifatturiera italiana sta reggendo e, visto il costo degli energetici ormai in netto calo, anche lo spettro dei fermi produttivi nei prossimi trimestri dovrebbe essere scongiurato».

Lo scenario

In tema di produzione Gozzi ha ricordato che «oltre la metà del calo 2022 è imputabile alla caduta di produzione dell’ex Ilva, arrivata a stento alle tre milioni di tonnellate. Togliendo il ribasso imputabile al gigante tarantino la diminuzione sarebbe stata del quindi 5%, e questo nonostante le lunghe fermate delle acciaierie. Il dato allora rivela della tenuta complessiva del sistema, derivando soprattutto da una reazione congiunturale tattica all’esplosione del prezzo dell’energia». Oggi sul mercato ci sono già nuovi elementi che portano a essere positivi. «Primi tra tutti il calo dell’inflazione e dei costi dell’energia – ha continuato - del gas in particolare, sceso - come confermato anche dal professor Achille Fornasini - del 50,8% solo nell’ultimo scorcio di 2022».

Sempre al capitolo energia, ancora il più caldo, il presidente di Federacciai non si è dimenticato di sottolineare il gap competitivo che zavorra l'industria italiana rispetto ad alcuni paesi europei: «da indagini recenti in Italia il Megawattora sta costando in media 150-160 euro, contro i 55-60 euro in Francia, i 90 euro in Spagna, i 130 euro in Svizzera e i 100 euro in Germania».

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Oil and gas

Guardando ai settori l’esperto leader dei siderurgici ha previsto «la possibilità di buoni affari nel 2023 per i produttori di acciaio che lavorano con “l’oil and gas”, di miglioramenti per quelli vicini all’automotive, e di rallentamenti per quelli che riforniscono costruzioni e edilizia, frenati dall’inceppamento del meccanismo del bonus 110%».

L’analisi strettamente legata ai dati – compiuta dal responsabile dell’Ufficio studi Siderweb, Stefano Ferrari – rivela invece che le prospettive 2023 per l’acciaio potrebbero non essere proprio positive. Per i numeri della World steel association, da fine 2021 a settembre 2022 la produzione è stata tra lo stabile e il ribasso in termini tendenziali. L’Unione Europea ha perso il 20%, mentre in Italia, per Federacciai, negli ultimi dodici mesi il dato mensile tendenziale è stato negativo per undici volte, con l’esclusione del solo aprile. Notizie positive per le materie prime, il cui andamento dei prezzi 2023 sarebbe destinato a «sgonfiarsi».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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