Il lockdown incentiva i risparmi: + 1,2 miliardi dei depositi
Riluttanza diffusa è la parola d’ordine che Covid-19 ha fatto riscoprire ai consumatori non solamente italiani: riluttanza a spendere (o propensione a risparmiare) che tranne i consumi di prodotti alimentari ha ingessato soprattutto le vendite di beni durevoli, prime fra tutte le automobili (nei primi quattro mesi di quest’anno il mercato è crollato del 52,9% passando da 13.602 a 6.405 immatricolazioni) alle quali si è affiancato un calo marcato nelle transazioni di immobili che, secondo gli istituti di ricerca di mercato sul settore, registra una diminuzione del numero di transazioni del 30% ed una flessione media dei prezzi a Brescia dello 0,4%. Ma non solo: in calo anche abbigliamento e accessori, food&beverage (ristorazione servita, quick service e bar) e non food (retail cosmetica, arredamento, servizi e cultura), con la Lombardia che ha fatto segnare una performance nella flessione dei consumi in calo dell'83% a marzo 2020 su marzo 2019, pagando tra le regioni italiane il prezzo più salato. E questo in attesa di capire dopo l’estate cosa si presenterà, come reagirà la pentola a pressione dei posti di lavoro e come andrà la disoccupazione, oggi mascherata da cassa integrazione. La domanda allora è: dove sono finiti risparmi, stipendi e - là dove ci sono - interessi su titoli o capital gains? L’indicatore della riluttanza dei bresciani a spendere - al di là dei sentiment da marciapiede - trova conferma nel dato sull’andamento dei depositi: in provincia di Brescia dal primo di febbraio di quest’anno (considerando l’inizio del secondo mese dell’anno come la data di partenza ufficiale della diffusione della pandemia) ad aprile - secondo Banca d’Italia - il totale dei depositi in provincia è salito da 37,001 a 38,2 miliardi, di cui da 10,711 a 10,773 miliardi per le imprese, da 25,1 a 25,6 miliardi per le famiglie e da 1,8 a 1,88 miliardi per altri soggetti.
Sotto la lente. Da marzo ad aprile i depositi sono cresciuti del 6,5%, da febbraio a marzo del 2,4% e da gennaio a febbraio del 7,8%. Numeri che sono allineati a quelli dell’intero territorio nazionale. Aiuta a comprendere gli effetti della pandemia uno sguardo sul recente passato: a inizio 2019 le imprese avevano depositi per 9,5 miliardi, le famiglie per 23,3 miliardi e i cosiddetti «altri soggetti» - come coop oppure onlus - per 1,7 miliardi per un totale di 34,6 miliardi di euro contro i 38,2 di fine aprile 2020. Nell’ultimo decennio, comunque, il trend dei depositi bancari è andato in crescendo nella nostra provincia: si è passati dai 24,37 miliardi del 2010 ai 37,59 miliardi del 2019. Un incremento del 54,22% per Brescia: in coda a Lodi (+64,73%), Milano (+57,61%), Monza e Brianza (+57,11%) e Cremona (+54,30%). Tuttavia, la performance di Brescia resta una performance superiore alla media regionale (+52,61%). Nel mondo. La prudenza non c'è stata tuttavia solo nel Bel Paese perché meglio degli italiani hanno fatto i francesi che hanno depositato 60 miliardi o gli spagnoli che ne hanno versati dieci contro una media di 2,3. Riluttanza da Covid-19 a parte, la ricchezza finanziaria lorda delle famiglie produttrici e consumatrici bresciane continua a crescere: nel 2019 è passata da 203,468 miliardi dai 193,045 del 2018 con una crescita del 5,4% in media con quella nazionale, ma lievemente più bassa di quella regionale (+5,7%). Con un'attenzione sempre più alta a rimanere «liquidi».
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