Il gruppo Camozzi punta su innovazione, investimenti e formazione
Energia, materie prime, approvvigionamenti alimentari e inflazione: la pandemia in primis e la guerra in Ucraina in un secondo momento hanno modificato sia l’assetto geopolitico mondiale sia quello economico. «Siamo di fronte a una fase di cambiamento epocale - ammette Lodovico Camozzi -. I segni di questa profonda trasformazione sono già riscontrabili».
Negli Stati Uniti, ad esempio, hanno coniato il termine «friend-shoring» per definire le politiche di «rientro» (nei confini nazionali) delle produzioni considerate strategiche e ad alta tecnologia. Dopotutto i rischi di una totale dipendenza dalla Cina in molti settori industriali sono stati sperimentati dagli Usa (ma non solo) già durante l’emergenza sanitaria. Inoltre, il conflitto russo-ucraino ha costretto anche le economie regionali, come quella italiana, a dover ragionare su un futuro dove il mondo si divide le risorse in blocchi d’influenza politica.
«Siamo agli albori di un nuovo modo di progettare, realizzare e vendere qualsiasi prodotto - concorda Camozzi -. Per questo motivo cercheremo sempre di innovare, anche grazie alle collaborazioni con centri di eccellenza universitaria e prestigiosi partner tecnologici. Solo così - riconosce il presidente e amministratore delegato dell’omonimo gruppo - rimarremo competitivi nella trasformazione digitale e sostenibile che sta segnando il manifatturiero».
I numeri
In tal senso le risorse messe sul piatto dalla famiglia Camozzi (il fratello di Lodovico, Marco, e i cugini Giovanni e Mario siedono nel Cda del gruppo, lo zio Luigi è presidente onorario) negli ultimi anni sono notevoli. Lo scorso anno gli investimenti hanno raggiunto quota 47 milioni e hanno registrato una crescita rispetto ai 33 milioni del 2020. «Quest’anno abbiamo previsto almeno altri 30 milioni di spesa - svela il bresciano -: poi valuteremo l’evolversi della situazione. Produrremo in loco e per il loco, Brescia e l’Italia rimarranno il cuore del nostro gruppo. Vogliamo comunque essere sempre più presenti sui nostri mercati di riferimento e per questo motivo abbiamo avviato le trattative per due diverse operazioni. Per il momento non posso dire altro».
Il gruppo cittadino è presente in 75 Paesi al mondo con 2.956 dipendenti, 39 filiali, 5 divisioni operative e 25 siti produttivi. Va anche detto che già nella prima parte del 2022 la Camozzi ha già portato a termine alcune operazioni significative, come l’acquisizione della Timken Italia di Villa Carcina lo scorso febbraio (a ottobre inizierà il piano di reindustrializzazione).
Oppure l’avvio della partnership con Sauber Technologies e il team Alfa Romeo in Formula 1. O, ancora, la recente sinergia siglata con la quotata Seco nell’orbita dell’Industrial Iot: l’internet delle cose che riguarda i processi industriali. «Sono tappe importanti del consolidamento internazionale del gruppo e del cammino che Camozzi sta compiendo verso la fabbrica intelligente, interconnessa ed ecosostenibile», verbalizza una nota diffusa dal quartier generale.
I conti
Il bilancio 2021 peraltro si è chiuso confermando la crescita della società bresciana. I ricavi consolidati ammontano a 455 milioni di euro e segnano un incremento del 9,9% rispetto ai dodici mesi precedenti. L’export vale il 76% del fatturato (il 51% prodotto nell’area Europe middle east, il 16% in America e il 9% in Asia-Pacific).
Molto buono il valore del Margine operativo lordo, pari a 82 milioni e al 18,2% delle vendite, in miglioramento del 5,1%. L’utile netto compie invece un balzo del 26%, a quota 24 milioni, e il cash flow passa da 63 a 68 milioni. «Sicuramente i rincari energetici impatteranno sui conti del 2022 - chiude Lodovico Camozzi - e le imprese saranno costrette a prendere le contromisure, accelerando i cambiamenti». Non a caso in Camozzi l’ambito della formazione è considerato di fondamentale importanza per il futuro.
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