Il caso della Bonomi, «Non morire soffocati dai big data»
Il caso è piuttosto interessante. La breve storia di un’azienda relativamente piccola, la Idrosanitaria Bonomi di Sarezzo (meno di 90 addetti, 30 milioni di ricavi, 70% all’export), che opera in un settore piuttosto tradizionale (rubinetteria e valvole) e che ha cercato una sua strada per avviarsi sul 4.0. E questa strada l’ha cercata, per così dire, con una sua autonomia, senza farsi frastornare dai tamburi insistenti del sogno 4.0. Direi, per dirla ancora più chiaramente, senza innamorarsi della ipertecnologia ad ogni costo, del fare investimenti perché ci sono le agevolazioni fiscali.
Un atteggiamento aperto al nuovo, ma allo stesso tempo distaccato. Per dirla con Bortolo Bonomi (che oggi guida l’azienda col cugino Luigi): «Avendo sempre ben presente che il 4.0 è un mezzo, non è il fine. La tecnologia dove serve e quando serve». Niente di più, niente di meno. Ma c’è anche altro. C’è - per dirla con Alberto Bertolotti della Ibs Consulting, che segue l’azienda da anni - «il fatto che la Idrosanitaria è la dimostrazione che anche le piccole aziende, anche quelle che operano in settori cosiddetti maturi, possono serenamente pensare di avere un futuro se fanno passi sensati, accorti, se investono senza strafare ma con metodo. Direi che è una storia che può dare fiducia a tutte le aziende purchè gestite con la testa».
Partiamo da qui. Che significa essere innovatori senza rischiare di affogare. Bortolo Bonomi porta il caso dei dati, dei cosiddetti big data, ovvero di quella montagna di dati che la fabbrica interconnessa genera e che vanno poi letti, interpretati, sfruttati per fare fatturato. «Noi - dice - siamo storicamente un’azienda attenta ai dati, ai numeri. Mio zio Evaristo, già nel 1975, con un Commodore 128 (siamo alla preistoria) controllava i costi della fabbrica. Lezione impareggiabile: ancora oggi sono sorpreso da come molte aziende non tengano sotto controllo questo aspetto».
«Oggi, dunque, tutti ci dicono che servono i dati e la loro analisi. Noi - ricorda Bonomi - avevamo già fatto dei passi in questa direzione. È dal 2005 che misuriamo macchina per macchina. Al momento dunque di immaginare di installare un sistema che misurasse il tutto, non abbiamo trovato un fornitore che ci desse un prodotto che partisse da dove eravamo arrivati noi e completasse il tutto. Dovevamo, in pratica, comprare l’intero pacchetto. Ennò - commenta Bonomi - così non va. E allora? Allora - continua a raccontare - abbiamo trovato Ezio Cottali e la sua Cottali System che ci ha fatto un prodotto come a noi serviva: più funzionale e a minor costo. Questo è quel che intendo quando dico: attenti a non affogare nei dati. Non mi serve sapere ogni secondo la temperatura (dico per dire) di un forno. Mi serve invece un alert se il forno sfora alcuni parametri pre-impostati.
Il rischio - commenta con ironia l’ingegnere Marco Belardi, consulente dell’azienda - è di «morire di dati. Di trasformare i big data in pig data». Roba inutile. «Certo che la sensorizzazione consente nuove montagne di dati. Ma ci si deve chiedere: mi servono tutti questi dati?». La parola d’ordine, quindi, è selezionare quel che serve. Ma investire si deve. Detto questo - ricorda Bertolotti - la Idrosanitaria è un’azienda che investe con metodo da vent’anni da 1 a 1,5 milioni di euro. Una visita in fabbrica conferma. L’azienda segue il Gobbia per duecento metri in lunghezza e va a finire su quel che dovrebbe essere l’imbocco della nuova autostrada. «Staremo a vedere», commenta Bortolo Bonomi.
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