Gozzi e Pasini: «Delusi e preoccupati per lo Steel action plan»

«L’European Steel and metals action plan dà finalmente un segnale che l’Europa vuole occuparsi di un problema, ma non dà risposte concrete per risolvere questo fatidico problema». Con la consueta risolutezza Antonio Gozzi non nasconde la sua insoddisfazione. «Il piano sull’acciaio –aggiunge il presidente di Federacciai e del gruppo Duferco – pare scritto dalla stessa mano che ha redatto gli ultimi documenti proposti dalla Commissione europea: belle parole, obiettivi condivisibili, ma poca sostanza. Eppure le indicazioni ribadite da Mario Draghi pochi giorni fa vanno in un’altra direzione: servono azioni più consistenti e non viziate da posizioni ideologiche controproducenti».
Ne è convinto anche il presidente di Feralpi Group e Confindustria Lombardia, Giuseppe Pasini: «Il piano d’azione per l’acciaio presentato dalla Commissione Ue è insufficiente per rilanciare il mercato siderurgico europeo: sono necessari provvedimenti urgenti e con una prospettiva nel medio lungo periodo per competere con i produttori di altri continenti, che attualmente godono di condizioni economiche e legislative nettamente migliori rispetto alle nostre».
Il punto
In serata, una nota diffusa da Federacciai, sintetizza al meglio il giudizio dei produttori italiani di acciaio sul piano presentato a Bruxelles dal francese Stéphane Séjourné: «È un documento deludente che non risponde ai problemi della siderurgia europea». Gozzi non nasconde: «Siamo preoccupati perché rileggendo l’action plan emergono chiaramente elementi ideologici che fanno saltare il tavolo politico. E pensare – confida l’imprenditore – che la prima volta che abbiamo incontrato il vicepresidente europeo Séjourné ci aveva dato speranza. Invece...».

Sono essenzialmente tre i punti dolenti del piano europeo sull’acciaio, secondo i produttori italiani. Partiamo da quello dell’energia. «I benefici delle rinnovabili ancora non ci sono, l’ha evidenziato anche l’altro giorno il presidente Draghi – tuona Gozzi – e nel frattempo l’Europa non vara misure concrete per ridurre i costi dell’energia alle industrie (si potrebbe ad esempio eliminare l’Ets, che è un sistema di scambio quote di CO2 per tassare le emissioni climalteranti), ma in merito lascia ai singoli Stati l’autonomia sulla politica fiscale da adottare, generando così possibili squilibri tra i Paesi più o meno indebitati». Parole a cui fanno eco quelle di Pasini: «Il problema vero è che Bruxelles non vuole di disaccoppiare il prezzo dell’energia, che probabilmente sta a cuore ad alcune grandi lobby e che in questo momento pesa sui conti delle imprese e su quelli delle famiglie. I Ppa non sono sufficienti per risolvere il nodo energetico e l’idrogeno – non ha dubbi il bresciano – in questo fase non è competitivo per le nostre imprese: costa quasi il quadruplo del gas».
Altro punto «caldo» è quello del rottame. «Il problema dell’export viene riconosciuto, ma il piano è estremamente generico, senza misure concrete» lamenta il patron di Duferco. «Ogni anno l’Europa esporta quasi 20 milioni di tonnellate di rottame (il 60% finiscono in Turchia e il 30% in India), ma se puntiamo alla decarbonizzazione dell’industria dell’acciaio come non possiamo considerarlo una risorsa strategica?».
Per ultimo, ma non certo per importanza resta il punto relativo al «mercato». Gozzi dice che sul Cbam è «positivo l’impegno a rivedere il sistema per includere l’export, ma la clausola “melted and poured” è stata solo rimandata a una valutazione futura, lasciando aperti rischi di elusione dei dazi». Negli ultimi otto anni, però, non si può trascurare i fatto che l’Europa ha perso 40 milioni di tonnellate, portando la produzione complessiva a 130 milioni di tonnellate. Anche se Federacciai accoglie positivamente la futura adozione a protezione del comparto dello strumento di «salvaguardia», Pasini insiste: «Bisogna rafforzare le azioni a difesa dei produttori europei: il piano è troppo evasivo, alle imprese servono certezze».
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