Gambero Rosso, 11 vini bresciani premiati con «Tre Bicchieri»
Forse non è più il Gambero Rosso di una volta, quando una sentenza pesava come un macigno (tanto è vero che aziende importanti stanno fuori dall’alta classifica senza farsene un cruccio). Però i Tre Bicchieri del Gambero Rosso, il massimo riconoscimento, hanno ancora una fascino ineludibile.
Da qualche anno la guida premia con il massimo dei voti sempre meno bresciani (11 quest’anno) concentrandosi sulla Franciacorta, scegliendo di norma i soliti nomi, che si affacciano magari ad annate alterne.
Quest’anno, nel presentare le proprie scelte, i critici del Gambero segnalano che i Franciacorta sono sempre più secchi: 9 su dieci sono Extra Brut (meno di 6 grammi di zucchero litro) o Non Dosati (meno di 3 grammi litro o niente del tutto). In effetti è questa la nuova, ma consolidata, tendenza della zona che riguarda soprattutto i vini di alta gamma, ma coinvolge anche i Brut di grande tiratura che sono sempre più secchi e austeri.
Tra entrate e uscite (ma la differenza tra i due bicchieri rossi e i tre bicchieri, è minima) si confermano Ca’ del Bosco con il Vintage Collection, lo Sparviere con l’Extra Brut, la Guido Berlucchi con il ’61 Nature, il Bagnadore di Barone Pizzini, Ferghettina con il mitico 33, Bellavista con il Pas Operé 2009 (che è il non dosato). Tornano in alto Ricci Curbastro, Bosio e Contadi Castaldi che sono abitué dei piani alti.
Escono (per ora) Castello Bonomi, le Marchesine ed Enrico Gatti. La Lugana, che dal Gambero è davvero maltrattata, conferma solo il Ca’ Maiol di Provenza con il 2015.
Ma la sorpresa c’è. È la prima volta che viene premiato un Franciacorta Rosé. La tipologia è difficile da realizzare (il colore si estrae dalle bucce del Pinot Nero), ma Villa Franciacorta è riuscita a creare un capolavoro. Si chiama Boké 2012, ed è di inarrivabile soavità in perfetto equilibrio tra freschezza e moderata dolcezza. Sono da ricordare anche i tre bicchieri bresciani di Catello di Radda della famiglia Beretta (come lo Sparviere) di Petra Rosso di Moretti, entrambe in toscana e il Verdicchio San Paolo Riserva di Pievalta, azienda marchigiana della Barone Pizzini.
Intanto anche Slow Food ha detto la sua assegnando la chiocciola alle confermate franciacortine Barone Pizzini, Cavalleri e Togni Rebaioli della Valle Camonica, già chiocciole e difensori della biodiversità da anni. Quanto ai vini Slow (rigorosamente senza pesticidi o diserbanti) l’associazione di Petrini preferisce i Franciacorta della biologica Barone Pizzini, quelli di Camossi, di Cavalleri e Corte Fusia. Tutte scelte coerenti. Nella categoria grandi vini (la meno originale) la guida, che esce il 15 ottobre, esalta il Ca’ del Bosco Dosage Zero 2007, l’Extra Brut EBB 2011 del Mosnel, il Pas Dosé 2011 di San Critoforo e il Girolamo Bosio 2009 di Bosio.
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