Economia

Faro Games investe a Assago nella nuova città del gioco

Il gruppo di Roberto Marai con oltre 400 addetti è leader nei videogames e nell’entertainement
La sede. La piemontese Marin
La sede. La piemontese Marin
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Un altro imprenditore per il quale la partita non è mai l'ultima. La metafora sportiva si adatta a Roberto Marai, presidente della Calvina in serie D e co-sponsor della Feralpi calcio in serie C, salodiano che ad Assago nel milanese investirà - con la società Fec.3 (da family entertainment center) insieme con un partner - in una nuova Playcity, cinquemila metri di città del gioco per clienti «di tutte le età», dieci milioni di investimento, apre a primavera.

Un progetto la cui idea ha radici nel Gamecity di Castelmella dei primi anni Novanta e nelle successive iniziative gemelle. Il modello della nuova proposta è made in Usa importando la formula del barcade, il primo aperto nel 2004 a Brooklyn, in cui la combinazione tra videogiochi, ristorazione, musica e sport trasmesso su maxi schermi "propone ai clienti più vecchi âgés- spiega Roberto Marai - di tornare a giocare come in giovinezza con apparecchi usciti da decenni dal mercato ed ai più giovani di confrontarsi con giochi che mai prima avevano visto. Altri progetti di dimensioni più ridotte verranno riproposti in altre aree di dimensioni più piccole" Parlare di città del gioco è limitativo: dietro ci sono investimenti, tecnologia e lavoro. Non fosse stato così con l'imprenditore gardesano dell'entertainment non lavorerebbero più di quattrocento persone all'interno di un gruppo ai primi posti nella vendita dei più prestigiosi marchi internazionali da intrattenimento come i videogiochi, ticket redemption (macchine da gioco che, dopo ogni partita, restituiscono tagliandi da convertire in premi), flipper e juke box.

Tutto era partito con il padre Giuseppe Marai, che dopo i cinebox (apparecchi per rivedere su uno schermo le immagini delle canzoni suonate che era stato ideato nel 1959 e prodotto tra gli anni '50 e '60) vendeva juke box a bar, ristoranti, oratori, sale biliardo e all'intuizione di portare sul Garda tanti piccoli pezzetti dell'America giocherellona sì, ma anche fusione di elettromeccanica, artigianato, design e tecnologia, in cui si mescolano oggi hardware, software e qualità artistiche. Il gruppo. In cima a tutto c'è Robox, holding della famiglia Marai con 50 milioni di euro di ricavi, che controlla il 44% di Big Easy (società in cui la maggioranza del capitale è di Lottomatica che gestisce 66 gaming hall presenti sul territorio nazionale), la piemontese Marim detenuta al 100% (19 milioni di ricavi) che costruisce l'hardware delle macchine e Faro Games (che ha in carico Fec). E poi - dentro ad un processo di diversificazione avviato con il socio Luca Ariano - ci sono Coin op, in cui un ristretto gruppo di artigiani multitasking restaura vecchi flipper, juke box o cinebox; c'è la Wto, recentemente acquisita, che effettua brokeraggio di smaltimento rifiuti industriali proponendo alle imprese un ventaglio di offerte. Il museo. Non è un'azienda, ma potrebbe diventarlo, c'è poi il museo che Roberto Marai pezzo su pezzo - partendo dal legame familiare con l'attività del padre - ha raccolto e che prima o poi potrebbe schiudersi al pubblico; collezione composta da 300 pezzi, al cui interno ci sono un Wurlitzer uscito nel 1946 (oltre 30.000 euro di valore) e un Rock Ola negli anni Trenta. Macchine, si racconta, «in cui il camionista solitario infilava un nichelino al bar e sognava la sua bella casa».

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