Economia circolare: solo così (forse) la Terra si salverà
L'economia circolare è l'unico ma anche il migliore futuro che ci si prospetta davanti. Non solo perché la Terra non è più in grado di sostenere una crescita differente - gli ultimi Nobel per l'economia William Nordhaus e Paul Romer docent -, e tanto dovrebbe bastare; ma anche perché i benefici a lungo termine sono già stati individuati, dati alla mano. «Il passo necessario sarà cambiare l'intero ciclo produttivo e tutta l'organizzazione delle aziende in ottica circolare. Per questo serve una forte sinergia fra tutti gli attori: imprese, università e istituzioni».
Così Sergio Vergalli, docente di Economia politica all'Università degli Studi di Brescia e presidente della Fondazione Eni Enrico Mattei, si è espresso durante il suo intervento ai Bioeconomy Dialogues, convegno dedicato ai progetti green tenutosi nei giorni scorsi al Moca, organizzato dall'Università di Brescia (referente la prof.ssa Laura Eleonora Depero), con Smae e il Cluster Chimica Verde Lombardia.
Come si cambia? Per mutare una struttura economica da verticale in circolare occorrono quindi sia una responsabilità sociale delle imprese sia applicazioni in ambito ambientale delle ricerche innovative. Tradotto: soluzioni eco-friendly per ridurre gli sprechi, riciclare i materiali, contenere le emissioni di Co2 e riparare ai danni commessi dall'uomo. Un bell'esempio lo porta Restart, un progetto dell'Università di Brescia, del laboratorio B+LabNet e della Cooperativa sociale Cauto, che ha l'obiettivo di realizzare filtri e membrane per l'abbattimento di microinquinanti utilizzando gli scarti alimentari. «Il cibo contiene una marea di molecole, che possono essere recuperate e ricombinate per creare nuovi prodotti. Così è nata l'idea di Restart. I filtri possono essere ricavati dal latte in eccesso, dai gusci d'uovo, dai crostacei e dalla cellulosa - spiega il prof. Ivano Alessandri -, mentre per i recettori che intrappolano gli inquinanti si può usare la vitamina C contenuta nelle bucce degli agrumi». Una soluzione green che diventa tanto più rilevante in un territorio come quello bresciano.
Dai primi esperimenti, il team è infatti riuscito a ottenere una membrana (ora in corso di brevettazione) capace di abbattere il cromo esavalente presente nelle acque e una sorta di gelatina-spugna che assorbe dall'acqua Pcb e inquinanti organici preesistenti. Fra i casi presentati dagli imprenditori, quello del sistema iRecovery è invece emblematico dell'integrazione tra infrastrutture industriali e civili. Il progetto firmato da A2a, Ori-Martin e Tenova consiste nell'installazione di un impianto in Ori-Martin che recupera il vapore prodotto dal processo di lavorazione per trasformarlo in energia. Questa viene ceduta ad A2A, che in inverno la utilizza per la rete di teleriscaldamento cittadina e d'estate la trasforma in potenza elettrica. Secondo le stime, in questo modo viene evitata la cessione nell'atmosfera di 8700 tonnellate all'anno di emissioni di Co2.
Il recupero dei fanghi. Le applicazioni dell'economia circolare sono numerose e svariate, spesso ancora da esplorare e sperimentare, come stanno facendo ora in Toscana l'Università di Firenze e Acque industriali srl, al lavoro su una filiera innovativa per lo smaltimento e il recupero dei fanghi. Comune a tutti è la necessità, come ha ricordato il ceo del Csmt Riccardo Trichilo, di una visione etica e culturale che abbracci e guidi l'innovazione tecnologica. Ma soprattutto serve «un indicatore sull'organizzazione della circolarità nelle aziende - conclude Vergalli -, affinché si superi un modo di procedere per singoli tasselli e si attui una trasformazione a tutti i livelli».
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