Draghi, «l'Ue si è autoimposta dazi, serve un cambio radicale»
![Mario Draghi - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it](https://api.gdb.atexcloud.io/image-service/view/acePublic/alias/contentid/1h9szidna69cxafr0ha/0/mario-draghi.webp?f=16%3A9&w=826)
«L'Europa ha imposto con successo dazi su se stessa»: lo afferma l'ex presidente della Banca Centrale Europea ed ex primo ministro dell'Italia, Mario Draghi, in un editoriale sul Financial Times, in cui sollecita un uso più proattivo delle politiche fiscali e un abbattimento delle barriere interne per favorire l'innovazione e ridurre la dipendenza dalle esportazioni. «È necessario un cambiamento radicale», scrive.
«Un uso più proattivo della politica fiscale, sotto forma di maggiori investimenti produttivi, contribuirebbe a ridurre i surplus commerciali e invierebbe un forte segnale alle aziende affinché investano di più in ricerca e sviluppo», afferma Draghi, esortando «un cambiamento fondamentale di mentalità». «Finora, l'Europa si è concentrata su obiettivi singoli o nazionali senza calcolarne il costo collettivo».
«La conservazione del denaro pubblico ha sostenuto l'obiettivo della sostenibilità del debito. La diffusione della regolamentazione è stata progettata per proteggere i cittadini dai nuovi rischi tecnologici. Le barriere interne sono un retaggio di tempi in cui lo stato nazionale era la cornice naturale per l'azione – afferma –. Ma è ormai chiaro che agire in questo modo non ha portato né benessere agli europei, né finanze pubbliche sane, né tantomeno autonomia nazionale».
Prospettive
L'analisi di Draghi segnala come le «ultime settimane hanno fornito un duro promemoria delle vulnerabilità dell'Europa. L'eurozona è cresciuta a malapena alla fine dell'anno scorso, sottolineando la fragilità della ripresa interna. E gli Stati Uniti hanno iniziato a imporre tariffe sui loro principali partner commerciali, con l'Ue prossima nel mirino. Questa prospettiva getta ulteriore incertezza sulla crescita europea data la dipendenza dell'economia dalla domanda estera – afferma –. Due fattori principali hanno condotto l'Europa in questa situazione difficile, ma potrebbero anche farla uscire di nuovo se fosse disposta ad affrontare un cambiamento radicale».
Da dove arriva l’incertezza
«Il primo è l'incapacità di lunga data dell'Ue di affrontare i suoi vincoli di fornitura, in particolare le sue elevate barriere interne e gli ostacoli normativi», «molto più dannosi per la crescita di qualsiasi tariffa che gli Stati Uniti potrebbero imporre». Secondo l'Fmi, nota, «le barriere interne dell'Europa equivalgano a una tariffa del 45 percento per la produzione e del 110 percento per i servizi». C'è poi il freno alla crescita delle aziende tecnologiche per effetto della regolamentazione. «Nel complesso – afferma poi l'ex premier –, l'Europa ha di fatto aumentato le tariffe doganali all'interno dei suoi confini e rafforzato la regolamentazione in un settore che rappresenta circa il 70% del Pil dell'UE».
Secondo Draghi l'incapacità dell'Europa di ridurre le barriere interne ha favorito anche un'elevata apertura commerciale. Mentre le restrizioni interne sono rimaste alte, è il paradosso, quelle esterne si sono ridotte con la globalizzazione.
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