Economia

Dopo i voucher si pensa alla formula «mini-job»

Si pensa a contratti di lavoro a orario ridotto per periodi già confezionati, con limiti di 70 giorni (o 500 ore) in un anno
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Arriva il primo via libera del Parlamento all'abolizione dei voucher: la Camera ha approvato il decreto del Governo che «blocca» il referendum voluto dalla Cgil. Ora la palla passa al Senato.

Per colmare il vuoto dei voucher, e non cadere nel «nero», si fa sicuramente strada l'idea di un restyling del lavoro intermittente, a chiamata. Si tratta di eliminare i vincoli di età presenti (meno di 25 anni o più di 55) e di allargarne l'applicazione ad altri settori, visto che oggi risulterebbe confinato a ristoranti e hotel.

Resterebbe il tetto di 400 giornate da cumulare in tre anni. La formula viene ripresa anche nel piano presentato dai centristi. Prende quota il modello che tanto successo ha avuto in Germania, quello dei mini-job. L'Ap a riguardo ha le idee particolarmente chiare, immagina infatti contratti di lavoro a orario ridotto per periodi già confezionati, predeterminati. Il limite sarebbe di 70 giorni o 500 ore in un anno, con un reddito massimo consentito di 7.500 euro. Niente Irpef ma contributi Inps e Inail.

A differenza del lavoro a chiamata si concorda insieme come spalmare la prestazione. Fin qui quel che potrebbe accadere nelle imprese, altra questione sono le famiglie. Ap pensa a una sorta di buono famiglia, 12 euro l'ora, non cedibili e numerati, per i lavori occasionali, con un compenso massimo annuale di 7.500 euro (2.000 se mono-committente). Nei giorni scorsi era anche trapelata l'ipotesi di una gestione tramite piattaforma telematica, sulla falsariga di quanto accade in Francia e in Belgio, con la possibilità di effettuare i pagamenti online. L'Inps si è già candidata ad ospitare la futura banca dati. I Cinque Stelle scrivono: «Toccherà a noi, una volta al governo, mettere a punto uno strumento ad hoc».

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