Economia

Dop e Igp, i nuovi regolamenti e i rischi per il made in Italy

In alcuni casi l’Europa vuole addirittura abrogare i «certificati» di qualità
Il 70% dei prodotti agricoli bresciani è inserito nel circuito delle Dop
Il 70% dei prodotti agricoli bresciani è inserito nel circuito delle Dop
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Non soddisfa il mondo produttivo. È la proposta di regolamento della Commissione europea sulle Indicazioni Geografiche che intende modificare, e in alcuni casi abrogare, in particolare i Regolamenti su vino, liquori e sulle Dop, Igp e Stg: un testo che si attendeva da mesi e che rappresenterà uno dei dossier più importanti di questa legislatura europea - per il settore agricolo - dopo l’approvazione della Politica agricola comunitaria (Pac).

Per capirci: l’Italia è il maggior produttore di vino di qualità insieme alla Francia ed il maggiore produttore di alimenti certificati con il marchio a denominazione di origine protetta di tutta Europa. E la nostra provincia esprime la maggiore produzione di latte per il Grana Padano e cosce per il prosciutto di Parma, nonché la produzione del 95% di vino locale qualificato come Docg e Dop. Di conseguenza queste modifiche di regolamento hanno un «peso pesante» per la nostra agricoltura.

Il punto

Questa è l’ennesima dimostrazione che le scelte di Bruxelles hanno ricadute dirette sugli agricoltori bresciani e la dimostrazione, ancora una volta, della necessità di avere in Parlamento Europeo rappresentanti di emanazione agricola certa. «Dalla difesa del sistema delle indicazioni geografiche europee dipende anche la lotta al falso Made in Italy alimentare che nel mondo vale oltre 100 miliardi di euro» ha commentato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che «dal contrasto alle imitazioni dipende la crescita di un sistema che oltre all’impatto economico ed occupazionale rappresenta un patrimonio culturale ed ambientale del Paese».

Il percorso

Lo sbarramento di fuoco è però ai primi passi. Ora la proposta passerà infatti sotto l'esame del Parlamento Europeo che ha dato incarico di relatore a Paolo de Castro. Tutti abbiamo imparato, negli anni, a conoscere ed apprezzare le Indicazioni Geografiche che, infatti, sono considerate - non solo entro i confini dell’Unione Europea - particolari segni distintivi che individuano quei prodotti agricoli, alimentari e vitivinicoli le cui qualità e caratteristiche sono strettamente connesse all’origine geografica del prodotto.

Da un lato costituiscono uno strumento di valorizzazione dei prodotti che se ne fregiano dall’altro una garanzia per il consumatore sull’origine, le caratteristiche e la reputazione dei prodotti acquistati che sono ottenuti nel rispetto di un disciplinare di produzione.

L’agricoltura bresciana vale mediamente ogni anno oltre un miliardo di euro dei quali il 70% viene proprio da prodotti primari inseriti nei circuiti della Dop che sviluppano un giro di affari che si moltiplica per almeno dieci volte al consumo. La nuova proposta tende a diluire il controllo e a facilitare il riconoscimento di nuove denominazioni. Tuttavia tra gli aspetti positivi c’è l’obiettivo della Commissione di rafforzare la protezione e ampliare la diffusione di questi prodotti di altissima qualità, invidiati in tutto il mondo: basti pensare che la DOP economy vale 75 miliardi di euro a livello europeo.

Ci sono però molti punti che hanno determinato l’insoddisfazione; aspetti delicati che imporranno la massima attenzione in fase di attuazione poiché si tratta di difendere anche la nostra cultura enogastronomica di qualità inimitabile.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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