Cresce il numero di morti sul lavoro: un terzo è per Covid
È una piaga sempre più profonda nel tessuto sociale e lavorativo dello Stivale. Ma ora si delinea una vera e propria emergenza, che non lascia presagire nulla di buono per il futuro. A confermarlo è l’Inail - l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro - che nella sua inchiesta annuale certifica numeri scioccanti che riguardano i morti sul lavoro.
Nel 2020 infatti si registra un incremento del 27,6% rispetto al 2019 (in numeri assoluti si parla di 1538 morti sul lavoro contro i 1205 dell’anno precedente). E ancora una volta il Covid-19 c’ha messo lo zampino: un terzo dei decessi è infatti dovuto al virus, che ha causato l’aumento vertiginoso. Non solo: perché nel 2021 i dati sono già record, tanto da aver spinto il presidente Bettoni a dire: «Non basta più indignarsi».
Gli infortuni mortali per cui è stata accertata la causa lavorativa sono 799 (+13,3% rispetto ai 705 del 2019), di cui 261, circa un terzo del totale, occorsi “fuori dell’azienda” (i casi ancora in istruttoria sono 93). Gli incidenti plurimi, che hanno comportato la morte di almeno due lavoratori contemporaneamente, sono stati 14, per un totale di 29 decessi.
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Ma c’è un anche un altro dato scioccante: quello del lavoro nero, irregolare. L’86% delle 7.486 imprese controllate dagli ispettori dell’Inail nel 2020 sono risultate irregolari per quanto riguarda la protezione della sicurezza o i contratti dei lavoratori. Per capire la ragione degli omicidi del lavoro che solo l’anno scorso hanno colpito 1.538 persone bisogna quindi partire da questo dato che attesta le irregolarità o l’attività in grigio e in nero svolta nelle aziende. Ogni morte ha una causa, e questa causa discende direttamente dalla mancanza di tutele, non solo fisiche, dei lavoratori.
Alla ricerca delle cause va aggiunto anche il progressivo assottigliamento degli ispettori. I numeri sono impressionanti: su tutto il territorio nazionale l’Inail poteva contare a dicembre 2020 solo su 246 ispettori.
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