Economia

Cos'è la Flat tax e perché se ne sta parlando

La «tassa piatta» è uno dei cavalli di battaglia di Lega e Forza Italia, in questa come in altre campagne elettorali
L'attuale sistema di tassazione si fonda su criteri di progressività - © www.giornaledibrescia.it
L'attuale sistema di tassazione si fonda su criteri di progressività - © www.giornaledibrescia.it
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Negli ultimi anni, in prossimità delle urne rispunta e torna a fare un grande rumore. La «Flat tax», letteralmente «tassa piatta», è una proposta che sia Lega sia Forza Italia stanno facendo emblema delle loro politiche fiscali elettorali.

Seppur con differenze, il Carroccio la vorrebbe al 15% mentre il partito guidato da Silvio Berlusconi al 23%, la Flat tax si caratterizza per l’appiattimento della progressività dell’imposta. Un principio quest'ultimo sancito dall'articolo 53 della Costituzione che recita: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività».

Attualmente, secondo quanto spiegato anche dall’Agenzia delle entrate, «l’imposta lorda sulle persone fisiche (Irpef) si calcola applicando al reddito complessivo, al netto degli oneri deducibili, le aliquote per scaglioni».

La Legge di Bilancio 2022 ha modificato tale regime dell'Irpef, rimodulando scaglioni (passati da cinque a quattro) e aliquote. Il nuovo sistema verrà applicato sui redditi relativi al 2022:

  1. Reddito compreso tra 0 e 15 mila euro: aliquota al 23%. Nulla è dovuto invece per i redditi fino ad 8.174,00 euro (no tax area per i lavoratori dipendenti)
  2. Reddito tra 15.001 e 28 mila euro: 25% 
  3. Reddito tra 28.001 e 50 mila euro: 35%
  4. Reddito oltre 50.000 euro: 43%.

In chiusura vale la pena specificare un aspetto, spesso poco chiaro. Se una persona guadagna 55 mila euro ciò non significa che l'aliquota del 43%, quella massima, verrà applicata su tutto il reddito. Trattandosi di un sistema di tassazione progressivo verrà applicata l'aliquota del 23% sul reddito fino a 15 mila euro, quella del 25% tra 15.001 e 28 mila euro e quella del 35% tra 28.001 e 50 mila euro. La restante quota di reddito verrà tassata al 43%.

Cos'è la Flat tax

Fatte queste premesse cominciamo a parlare in modo specifico della «tassazione piatta».

«Quando si parla di flat tax si fa riferimento al grafico che indica quale aliquota pagare per ogni reddito, un grafico in cui la curva si fa linea orizzontale, piatta - spiega il professor Francesco Menoncin, docente di Politica economica al dipartimento di Economia e management dell'Università degli Studi di Brescia -. Questa forma di tassazione esiste quasi esclusivamente nelle menti di alcuni teorici, visto che la sua applicazione è limitatissima nel mondo».

Sono infatti pochi i Paesi dove la Flat tax è applicata (a questo link è possibile visualizzarli), «realtà nazionali che non hanno uno Stato sociale evoluto da dover finanziare - sottolinea Menoncin -. La tassazione piatta è stata infatti istituita con l'unico scopo di attrarre i ricchi, di portare in questi Stati persone con i soldi. I Paesi sviluppati di ciò non hanno bisogno».

E aggiunge: «Si tenga inoltre conto che dal 1994 ad oggi tutti i governi italiani hanno ridotto la progressività dell'imposta. Se davvero si volesse redistribuire il reddito, cosa della quale nessuno parla in campagna elettorale, bisognerebbe limitare proprio quelle poche forme di flat tax che esistono nel nostro ordinamento, penso per esempio alla cedolare secca sui canoni di locazione o alla tassazione sui redditi finanziari».

Coperture

Per il docente perciò parlare di Flat tax è una di quelle «acrobazie politiche» da campagna elettorale, un'ipotesi slegata dalla realtà dei fatti e dal contesto socio-economico dell'Italia. «È infatti impossibile trovare delle coperture per una riforma di questa natura, che andrebbe a ridurre notevolemente le entrate fiscali dello Stato (tra i 60 e i 30 miliardi, a seconda che l'aliquota sia quella al 15% voluta dalla Lega o quella al 23% di Forza Italia ndr) - evidenzia -. Il principio secondo il quale riducendo le tasse si spingerà a farle pagare a chi solitamente le evade è errato, come confermato dal fallimento delle teorie dell'economista Arthur Laffer durante la presidenza di Ronald Reagan».

Il «mistero» delle coperture rimane tale anche dinanzi al trito e ritrito annuncio della lotta all'evasione fiscale. «In Italia ci sono troppi evasori totali e invisibili al fisco - rimarca Menoncin -. Credo che l'unico modo di agire sia quello di trovare i soldi per finanziare gli interventi fin dal principio, non dichiarando che arriveranno dalla lotta all'evasione».

Passi avanti sul fronte dell'evasione sono però stati fatti «con il modello 730 online, la fatturazione elettronica e l'incrocio dei database - conclude il professore -, ma il terreno  da recuperare è ancora tantissimo».

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