Copan si rafforza in Usa e sbarca in Australia: «150 assunzioni»
In Copan si lavora senza sosta, sette giorni su sette, da febbraio. Qui gli ordini non mancano, anzi. Anche in queste settimane centrali d’agosto non è stato particolarmente difficile contattare la presidente Stefania Triva. «Attualmente - non nasconde -, la richiesta mondiale di tamponi è 200 volte superiore agli standard ordinari». Dall’inizio dell’emergenza Covid, il gruppo bresciano (circa 500 dipendenti) ha fornito al sistema sanitario italiano 14 milioni di tamponi. «Stimiamo che quando la pandemia si esaurirà - aggiunge l’imprenditrice - i volumi di vendita di prodotti pre-analitici, a livello globale, saranno cinque volte più grandi rispetto al solito».
Come ogni anno, in Copan, in questo periodo si analizzano i report realizzati con i dati raccolti nell’emisfero australe. In buona sostanza si esaminano documenti che anticipano quanto potrà essere impegnativa la prossima stagione influenzale e che consentono al gruppo di via Perotti di definire il budget di approvigionamenti. «A livello internazionale riscontriamo una comune preoccupazione: in ogni angolo del pianeta vi è la consapevolezza che il Covid non è sparito con l’arrivo dell’estate - racconta Stefania Triva -. Benché dall’Australia si rilevino segnali di una stagione influenzale "moderata", secondo il parere degli esperti sono indici condizionati dalla chiusura delle frontiere, che inevitabilmente hanno limitato la diffusione di quel virus. Ogni Paese quindi si preparerà all’autunno come se dovesse affrontare la situazione più grave».
Un approccio che logicamente influirà sui piani di Copan. «Il Covid ci ha insegnato che è venuto meno il concetto di centralizzazione della produzione», spiega la presidente. Il mercato a cui fa riferimento la sua azienda è unico, ma va dall’Europa all’Estremo Oriente, dall’America del Nord a quella del Sud e non lascia ai margini l’Australia. «Di fronte a questo tipo di emergenze sanitarie - aggiunge Triva - il mercato chiede flessibilità e prontezza nelle forniture» e necessariamente la struttura operativa del gruppo dev’essere predisposta su scala globale. Il cuore e la testa di Copan resteranno nella zona industriale di Brescia, ma la realtà cittadina potrà contare su un sito produttivo a Shanghai (Cina), ad Aguadilla (Porto Rico) e a Murrieta (California), che ha recentemente ampliato per la realizzazione di reagenti. «Da luglio - puntualizza l’industriale - sono state messe in moto le nuove linee produttive».
Non solo. Copan, che già vantava un avamposto a Kobe (Giappone), da alcuni mesi ha aperto un’altra filiale commerciale in Australia. «Una volta completata a copertura del mercato americano, magari migliorando la penetrazione in quello Sudamericano - svela Triva - potremo aumentare la nostra presenza nell’area Asia-Pacific. Nel 2020, però, dovremo innanzitutto consolidare gli investimenti effettuati per garantire la nostra presenza in tutti i continenti». In quest’ottica rientrano anche le 150 assunzioni effettuate nel Bresciano da quando è scoppiata l’emergenza coronavirus. Nell’ultimo anno, la Copan ha realizzato un fatturato di 141,48 milioni, in calo rispetto ai 146,4 milioni del 2018. In via Perotti, tuttavia, si possono consolare con il fatto che il 2020 è iniziato con un balzo dei ricavi di almeno 50 punti percentuali, pur mantenendo invariati i prezzi dei listini e dimostrando così una responsabilità sociale in questo particolare momento di emergenza.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato