Confindustria, energia e crisi della Germania preoccupano le imprese
Il passo per definirle emergenze è davvero molto, molto breve. I costi dell’energia e la crisi della Germania sono due degli elementi che maggiormente stanno infatti impattando negativamente sulle imprese bresciane. A confermarlo è Confindustria Brescia nel corso del tradizionale pranzo di fine anno con la stampa che si è tenuto nella sede dell’associazione in via Cefalonia.
Se infatti tra luglio e settembre del 2024 la dinamica dell’attività produttiva del manifatturiero bresciano ha terminato la sua discesa (0,0% sul 2023) dopo ben cinque rilevazioni consecutive negative, le aziende nostrane non dormono sogni tranquilli.
La scarsa domanda proveniente dai mercati domestici e internazionali continua a preoccupare le imprese manifatturiere, «che denunciano tale aspetto come il principale fattore che limita la produzione» comunica la stessa sigla datoriale.
Germania
In particolar modo pesano le difficoltà della locomotiva tedesca. Secondo quanto descritto da BFocus, periodica pubblicazione realizzata dal Centro Studi di Confindustria Brescia e OpTer dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, nel 2024 solamente il 21% delle imprese manifatturiere bresciane mostra una dinamica positiva dei quantitativi venduti in Germania rispetto al 2021 (nel 2023 tale quota si attestava al 32% e nel 2022 al 48%).
Dal punto di vista dei volumi effettivamente esportati (al netto dei prezzi di vendita applicati alla clientela), la rilevazione ha rimarcato che nel 2022 il settore industriale bresciano ha visto contrarsi del 10% rispetto al 2021 i quantitativi delle merci vendute. Nel 2023 il differenziale con il 2021 si sarebbe allargato al 20% e nel 2024 tale gap raggiungerebbe addirittura il 34%.
Energia
Sul fronte energetico nelle ultime settimane il prezzo del gas naturale è stato sostenuto da una serie di fattori (incremento della domanda, avvio dei prelievi dagli stoccaggi, minore contributo apportato dal regime eolico). I fondamentali alla base del mercato sono però nel complesso ribassisti, grazie a una domanda dal settore industriale in rallentamento e all’elevata produzione da fonti rinnovabili.
«Persistono tuttavia alcuni fattori di rischio che potrebbero spingere al rialzo le quotazioni, in particolare lo scenario geopolitico internazionale e il meteo».
Capitolo bollette: per il Centro Studi di Confindustria Brescia il valore complessivo per il 2024 è di 1.328 milioni di euro, non distante da quanto stimato per il 2023 (1.399 milioni, - 5%), in netta flessione dai massimi storici del 2022 (3.816 milioni, -65%) ma in forte rialzo sui livelli prepandemici (586 milioni nel 2019, +127%).
Lavoro
Il lavoro dal canto suo mostra segnali di sostanziale tenuta. Nei primi nove mesi del 2024, il ricorso alla cassa integrazione nell’industria bresciana ha mostrato un andamento sostanzialmente invariato rispetto all’analogo periodo del 2023 (-1,6%).
Complessivamente le ore autorizzate sono state pari a 12,5 milioni, di cui 9,7 relativamente alla componente ordinaria (+9,3% sul 2023) e 2,8 a quella straordinaria (-27,0% sul 2023). Il confronto con il 2022 (8,1 milioni di ore) evidenzia invece una significativa salita (+54,7%), giustificata dall’impennata della cassa ordinaria (+89,8%).
Con riferimento alle dinamiche lavorative, nel periodo gennaio-giugno di quest’anno, la variazione netta delle posizioni lavorative nell’intera provincia di Brescia è positiva (+15 mila unità), pur caratterizzandosi per una frenata rispetto al biennio precedente (+21 mila unità nella media del 2022 e del 2023). Tale evoluzione risente del minore numero di nuove posizioni create per il tempo indeterminato e nella somministrazione, a fronte di un’accelerazione di quelle a tempo determinato.
Le assunzioni (poco più di 45 mila) mostrano anch’esse un rallentamento, in particolare per quanto concerne il tempo indeterminato e la somministrazione. Sempre fra gennaio e giugno, le dimissioni (volontarie) si sono attestate a poco meno di 30 mila unità, un valore di poco inferiore di quanto rilevato nei due anni precedenti, ma comunque in rialzo del 62% rispetto alla media pre-Covid (anni 2014- 2019).
Credito
Prosegue inoltre la discesa dell’ammontare di credito erogato alle aziende attive nell’industria, dopo la fase fortemente espansiva che aveva invece caratterizzato buona parte del biennio 2021-2022. A fine giugno di quest’anno, lo stock di prestiti a disposizione era pari a 9,6 miliardi di euro, evidenziando una flessione del 12,9% sullo stesso periodo del 2023.
Le motivazioni alla base di tale riduzione possono essere ricondotte, in particolare, a una minore domanda di finanziamenti da parte delle imprese, a seguito dell’elevato costo del denaro e del conseguente maggiore ricorso all’autofinanziamento.
La debole congiuntura e gli alti tassi d’interesse contribuiscono al deterioramento della qualità del credito, che tuttavia rimane su livelli storicamente elevati: il tasso annualizzato di deterioramento dei prestiti per le società non finanziarie a giugno 2024 ha raggiunto il 2,1% (contro lo 0,7% dello stesso periodo del 2023): un valore ritornato sui livelli del biennio 2018-2019.
Un altro elemento che va nella stessa direzione va ricercato nell’evoluzione delle sofferenze nel settore industriale, che si sono attestate a 112 milioni di euro, in notevole aumento dai minimi storici raggiunti alla fine del 2022 (81 milioni).
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