Economia

Come cambia il business degli elettrodomestici

Il futuro è sempre più «circolare», lo dice uno studio della facoltà di Ingegneria. «Si pagheranno per l’uso non per la loro proprietà»
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Cimiteri degli elettrodomestici. Telefoni usa e getta. Centri di assistenza tecnica che propongono prezzi di riparazione più elevati rispetto ai nuovi, equivalenti, prodotti immessi sul mercato. Potrebbero diventare cartoline sbiadite di uno scenario economico ancora basato sul binomio consumo-ricavo. Il condizionale è d’obbligo, ma gli studi presentati da alcuni ricercatori universitari bresciani lasciano pochi margini di dubbio. La nuova economia degli elettrodomestici è destinata a spostare il suo asse dalla produzione al servizio. In altre parole, il consumatore pagherà l’uso e non la proprietà.

Considerazioni emerse dal convegno «Riparare, sostituire, servire. Nuovi modelli di business per gli elettrodomestici», organizzato all’Università degli Studi di Brescia (facoltà di Ingegneria) da Asap service management forum.

Tra i tanti interventi che si sono susseguiti nell'aula di via Branze, quello di Nicola Saccani, docente dell’ateneo bresciano, e Marco Ardolino, del Laboratorio Rise, che hanno presentato i risultati dell’osservatorio Cat (centri di assistenza tecnica) degli elettrodomestici, rivelando come il settore sia ormai soggetto a una decrescita strutturale.

I dati del 2013 non erano rosei, quelli del 2016 confermano il trend negativo: il 52% dei cat italiani riscontrano una riduzione dei ricavi (in media attorno al 4%). La diminuzione del numero degli esercizi, inoltre, non ne ha determinato un ampliamento in termini di dimensioni e di personale. Aumentano invece i prodotti fuori garanzia e diminuiscono i servizi di riparazione, sia per l’effetto della crisi, che induce a risparmiare dove si può, sia per la maggiore affidabilità degli elettrodomestici di nuova generazione.

Dato che sembra contraddire l’impressione diffusa secondo cui la tecnologia invecchia molto più velocemente che in passato. «Poteva essere così dieci anni fa - spiega il dottorando Gianmarco Bressanelli, ricercatore del Laboratorio Rise -, ma la tendenza dei consumatori (e di conseguenza quella delle aziende) è di prediligere un modello sostenibile». L’economia circolare o green, appunto.

La ricerca di Bressanelli, ancora in itinere, applica tale modello al mercato delle lavatrici, calcolandone l’impatto da un punto di vista economico, sociale e ambientale. Materiali biologici, design modulare, utilizzo delle tecnologie digitali, modalità di guadagno basate più sul noleggio che sulla vendita e progettazione di elettrodomestici di lunga vita, con la compensazione attraverso il business di prodotti collaterali.

Le stime sul risparmio delle famiglie con l’utilizzo di lavatrici sul modello circular economy indicano una riduzione che va dal 20 al 40% dei costi per ogni lavaggio. E le imprese? In termini numerici il loro tornaconto è ancora da valutare. Le prospettive incoraggianti puntano però sull’utilizzo di materie prime semplici e sull’abbassamento del rischio di fornitura.

 

 

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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