Code e disagi, cantine bresciane pronte a dire basta a Vinitaly
La 52esima edizione di Vinitaly si chiude oggi con le polemiche delle cantine bresciane, che lamentano problemi come l’aumento del prezzo del biglietto (arrivato a 80 euro) e le lunghe attese.
Nonostante i mugugni, alla fiera, che attira a Verona centinaia di migliaia di persone da ogni parte d’Italia e del mondo, sono arrivate comunque 112 cantine della provincia, cinque etichette in più rispetto all’anno passato, che producono vini Docg, Doc e Igt e presentano ogni anno delle novità. La più rappresentata è la Franciacorta con 64 cantine, segue il Lugana con 23 aziende e Garda con nove, alle quali si aggiungono quattro produttori di Monte Netto e alcune aziende vinicole indipendenti. Ci sono anche i piccoli e i piccolissimi, con alcune decine di migliaia di bottiglie prodotte, per i quali conta la qualità e non i grandi numeri.
Quest'anno, è stato stimato un afflusso superiore di circa il 7% rispetto al 2017 di operatori di settore, giornalisti e buyer. Arrivare al Salone internazionale del vino di Verona è, però, molto difficile. E i vignaioli bresciani cominciano ad essere stanchi. Arturo Ziliani, responsabile di produzione della Guido Berlucchi, afferma: «Partecipiamo da anni alla festa del vino perché rimarca la cultura e il valore di quello che facciamo, ma alla prossima riunione del Consorzio Franciacorta proporrò di dire basta al Vinitaly». Parole sostenute anche da Luca Formentini del Consorzio Lugana e Giovanna Prandini de La Perla del Garda, frustrati per le lunghe attese, i problemi logistici di una città che, in cinquant’anni, non si è adeguata ai numeri della fiera e l’imbarazzo di fronte ai clienti stranieri. «È difficile spiegare questa situazione ad un inglese o ad un tedesco», dice Formentini, visto anche il confronto con ProWine, la fiera internazionale di Düsseldorf.
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