«Ciao, sono Luciano». Il vescovo a Cerveno
«Ciao, mi chiamo Luciano». «Io sono Claudio e ho una famiglia». Un messaggio che passa attraverso l'uso di qualche parola, ma che arriva dritto al cuore grazie a due mani che si stringono e a quattro occhi che s'inumidiscono.
Luciano è il vescovo di Brescia - monsignor Monari - e Claudio è uno dei 434 operai della Riva Acciai che da due settimane è stato messo in libertà: vuol dire che da quindici giorni non sta lavorando e non sta portando a casa lo stipendio per i suoi bimbi.
Il piazzale della Riva Acciai di Cerveno si è trasformato mercoledì nel palmo della mano che ha accolto l'incontro del vescovo di Brescia con i lavoratori della Valle: al centro monsignor Monari e tutt'intorno le storie di disperazione di decine e decine di uomini. A fare da mediatori i sindacati, di Cgil e Cisl, che hanno accolto e informato della situazione il vescovo, accompagnato nella sua visita dai vicari della zona.
È stato lo stesso monsignor Monari a chiedere d'incontrare gli operai in presidio, che lo hanno ascoltato in silenzio, ma con gli occhi e le orecchie tesi per avere da lui, se non delle risposte, quantomeno un'interpretazione "giusta" di quanto sta capitando.
Il vescovo ragiona su quanto accaduto: «Quando qualcuno decide e ha la responsabilità, almeno c'è un punto di riferimento, il pasticcio qui è che la responsabilità non è definita e viene rimpallata. Che qualcuno abbia un sussulto di responsabilità e decida».
È proprio su questa frase che i sindacati pongono l'accento, chiedendo a Monari di scrivere un messaggio alla magistratura, al Governo e alla proprietà per rimarcare il concetto. Il vescovo, prima di salutare gli operai, recita con loro il Padre Nostro, invoca la benedizione su di loro e le loro famiglie e si ferma a mangiare qualcosa al presidio: anche questo è un modo per condividere le sofferenze e, in parte, alleviarle.
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